A volte ritornano avvolte
Insardevoli amici di facciunsalto, dopo una lunga degenza post-smarrimento che sembrava irreversibile, eccomi di nuovo a voi. Lo smarrimento non è stato intellettuale, ci tengo a precisarlo. Sono solo andata a fare visita alla biutifarm di Abramovich che si estende per tutta l’Eurasia, quindi tra una cosa e un’altra, tra un massaggio tonificante e la pedichiur, tra lo scrab e il vitapil con microesfogliazione, tra il frenc e il trattamento anti-eig, mi sono un po’ dilungata.
Che poi lo smarrimento non è neanche stato causato dai trattamenti di bellezza, ma da due eventi di irrilevante importanza che porto alla vostra attenzione solo per diritto di cronaca: il primo è che il passaggio da una cabina all’altra era da fare a piedi (159.000 chilometri in tre anni, cosa che mi ha fatto venire i polpacci di King Kong – ma i peli erano i miei, ci tengo!); il secondo è che a un certo momento è arrivato giustappunto il tempo di una una ceretta di rutin, così… giusto per pulire un po’… (a tal proposito mi corre l’obbligo comunicarvi che si è reso necessario l’avvicendamento di ben dodici echip di esperti dell’epilazione che, grazie al lavoro sul mio insardevole vello, si sono guadagnati la pensione anticipata per lavoro usurante. Pensate che in fila dopo di me c’era la ventiquattrenne Elsa Fornero che quando si è sbrigata ha deciso di venire a fare il ministro in Italia e fare una legge che evitasse un pensionamento così massacrante. Credo sia tutto merito mio, ma non sono il tipo che sta qui a vantarsi).
Bene, data questa necessaria premessa, se eravate in apnea per la mia assenza, ora potete riprendere a respirare. Se stavate respirando, fossi in voi un po’ di apnea la farei, sia perché aumenta la capienza polmonare, sia perché se sono tornata vuol dire che vi devo parlare. Dunque è giusto che temiate l’evento. Avete il tempo, se volete, in via del tutto precauzionale, di salutate i vostri cari. Quindi mettetevi a sedere e poi prendete e leggetene tutti.
Al ritorno dalla campagna di Russia, con ancora applicato il bendaggio anticellulite, la prima cosa che feci fu andare a salutare una cara amica che avevo scoperto essere diventata madre. Una maternità a lungo desiderata. Talmente desiderata che ogni volta che al parco vedeva un bambino che si lanciava dallo scivolo, si metteva alla base dello stesso con un sacco di iuta e se ne portava via qualcuno. Quindi sono andata a trovarla in carcere.
E dai che sto a scherzà! Sono o non sono insardevole?
“Ciao Giulia, come stai”
“Ciao Annalisa, quando ti hanno rilasciata?”
“Ma io non ero in galera, ero in Russia”
“Appunto dico, quando ti hanno rilasciata?”
“No ma io ero a passeggio per il centro benessere del Cheghebè”
“Appunto dico, quando ti hanno rilasciata?”
“Ieri”.
“Che bello che sei venuta a trovarmi. Devo darti una bella notiza: sono diventata madre”
“Hai rapito il figlio di qualche detenuta durante l’orario di ricevimento?”
“Scema. Questo è figlio mio mio. Proprio mio”.
“Sì l’ho saputo, sono venuta a farti le congratulazioni”.
“Sono molto felice. Solo che… niente, dopo un figlio una donna non riesce più a rimettersi in linea”
“Ma di chi parli?”
“Di me?”
“Ma se l’hai adottato?!”
“Non dire stupidaggini Insardà. Un figlio è sempre un figlio. Mo ci mettiamo a fare le differenze?! Da te non mi aspetto un pensiero così cavernicolo, i figli sono di chi li cresce, l’amore per un figlio prescinde dal dettaglio del parto, alla fine “parto” è solo voce del verbo partire, e mio figlio manco è partito, è arrivato, poi partirà per l’università, o per fare il master, o per lavorare, o perché troverà una fidanzata fuori, o anche un fidanzato, perché per me non è importante di chi si innamora, per me basta che sia felice, anche se volesse venire da voi in Calabria non avrei pregiudizi di sorta, aggiungerei al corredo il gilè antiproiettile e lo farei venire…”
Nel mentre la mia amica vaneggiava con un soliloquio più incandescente delle luci dello studio di Barbara D’Urso, mi domandai, costernata e totalmente azzerata nella mia autostima, per qual inspiegabile motivo la Russia avesse voluto liberarsi di me. Evidentemente dopo il Russiagheit non si fidano più dei leghisti, ma io la faccia da leghista non ce l’ho, o forse ce l’avevo prima della depilazione quando ancora tutti, per un evidente, quanto banale, errore mi chiamavano Bruno.
Posto che “Chi sono io per levare alle mamme adottive il diritto di ingrassare?“, ebbi il tempo, mentre Giulia inveiva contro di me per le mie idee reazionarie e conservatrici, di uscire a fare la spesa e passare dal Vaticano a tentare, con clamoroso quanto inaspettato insuccesso, di corrompere qualcuno e farmi dare una tanica di benzina che lì ancora costa un euro al litro perché non ci sono accise. Come direbbe un qualunque napoletano di fattura insardevole “Il Vaticano nun ha accis“, cosa provocatoria che chi vuol intendere intenda. Quando dopo questa divagazione fuori tema tornai con le bustone della spesa, la mia irabonda amica stava ancora parlando con me ed era arrivata al punto in cui il figlio avrebbe fatto fatica ad andare in pensione perché la Fornero aveva fatto una legge terribile.
Ebbi un brivido alla schiena e non mi sentii di dirle che, modestamente, la musa ispiratrice di sora Elsa ero stata io, allora andai a braccio e quando ad un certo punto Giulia prese un breve respiro, io riuscii ad inserirmi nel discorso e porre una domanda apparentemente innocua:
“E come si chiama tuo figlio?”
“Carlotta”.
Ebbi un cedimento che controllai con una certa abilità che si era sviluppata quando uno della nona echip di esperti dell’epilazione, avendo, senza risultato, provato a estirpare i peli dello stinco, disse al suo assistente: “Passami il decespugliatore“.
Ripresi: “E scusa perché sono diciannove ore che parli di tuo figlio quando invece è una figlia?“
Per ascoltare la risposta fui costretta a prendermi due settimane di ferie, durante le quali riuscii anche a scrivere ai servizi segreti russi dicendo di venirmi a prendere ché sono una pericolosissima spia al soldo di Tramp e soprattutto li ammonii dichiarando loro una considerevole quanto irrisolvibile delusione per aver liberato un insardevole ostaggio senza che nessuno ne avesse fatto richiesta, il che denota sostanzialmente una professionalità ed un cinismo fallibili ancorché precari. E dalla Russia non me lo aspetto!