Una sigaretta spenta
Mi hai disegnato nelle pose più svariate, nuda, con un ridicolo guanto poggiato sulla spalla, un enorme cappello giallo ed una foglia in bocca. Intrappolata su un foglio, tra i tasti di un piano, una farfalla al chiodo. Non importa se ho gli occhi bistrati di nero e un’ombra che mi rende il viso stanco e quella sigaretta tra i denti.
Porto la fatica di una brace. È spenta. C’è sempre un trucco, l’importante è non farsi scoprire. Che cosa ancora mi farai? Che cosa mi obbligherai a fare? Da un vetro sottile si può fuggire, questione di tempo. Le crepe sprofondano, il chiodo si stacca dalla parete, l’intonaco pure, e scivola verso il basso.
Mi hai trovato in un museo, ti sei avvicinato.
“Sapevo che esistevi, ed adesso che ti vedo so come devi essere” io mi sono stretta nel collo di pelliccia, senza muovere un muscolo, ho soltanto stretto le labbra sulla sigaretta. Il fumo fa male. Tu sarai un male peggiore. Ti sei fermato, un chiodo schiacciato. Il mio.
Il fumo fa male. Tu sarai un male peggiore. Ti sei fermato, un chiodo schiacciato. Il mio. Sei entrato nei miei occhi sonnambuli e dentro il mio vestito, hai invaso la mia magrezza
Intanto erano cadute le foglie, palazzi sfranti e scavato gallerie. Tu cercavi un quadro nuovo e una nuova parete. Il chiodo striato di ruggine, l’acqua che filtrava aveva corroso il soffitto e ammuffito l’aria. Mi sono tolta la pelliccia, la ho accomodata su una stampella nell’armadio scuro e siamo andate via, io e la mia magrezza. Ho stretto troppo i denti, la sigaretta si è spezzata. Era spenta, spenta da un po’.