Vivianesque, il grande teatro al Politeama
Grandioso.
È la prima definizione che mi è affiorata in mente alla fine della performance. Al Teatro Politeama di Napoli è andato in scena Vivianesque, spettacolo di danza contemporanea, atto unico che ha visto impegnata la Compagnia di danza Körper diretta da Gennaro Cimmino. Un percorso onirico, crudo, lucido che attraversa e ripercorre le opere di Raffaele Viviani.
Cimmino prende a prestito il pensiero del grande artista partenopeo per raccontare la sua idea di napoletanità. Nessuno sconto, ma un atto critico, seppur d’amore, nei confronti di un popolo tra i più discussi di sempre. E ne fa un capolavoro.
Scorre il sipario, svelando panni stesi in balia del vento, inermi, senza alcuna possibilità o volontà di ribellione. Fremiti, spasmi, ogni tanto si notano, eppure tutto dovrebbe essere statico, inanimato. Com’è possibile che accada? Canta una voce potente, canta un lamento. Canta una nenia, una ninna nanna di dolore, suoni ipnotizzanti, quasi atti a sedare, ad anestetizzare il dolore, fisico, morale, viscerale, antico, atavico. Hanno braccia quei panni, e poi gambe e capelli e mani e occhi. Gridano, si contorcono, ma nulla possono contro una forza che li stritola.
Si è sempre la somma di sé stessi, delle proprie esperienze, delle proprie suggestioni, del proprio costume. E la somma di Cimmino è un gran bel numero.
Si è sempre la somma di sé stessi, delle proprie esperienze, delle proprie suggestioni, del proprio costume. E la somma di Cimmino è un gran bel numero
C’era West Side Story, c’era Pina Bausch sul quel benedetto palco, c’era la catarsi greca, c’era la violenza della disperazione, del si salvi chi può o chi sa fingersi più forte, c’erano le bestemmie nelle intenzioni, c’era vita terrena e dolore, tanto. Ma tutto ha una via di perdono, di redenzione, un appagamento comune. E allora una Madonna laica viene prontamente tirata su dalla folla, eletta madre. La Napoli greca con le sue dee da vicolo buio si fa strada. Una peccatrice che assolve e perdona gli errori di un popolo perso, consapevole di non avere possibilità di riscatto, ma con la necessità assoluta di credere in un essere al di là, che arrivi non si sa da dove e lo salvi. Magnifica la Madonna, portata in processione ondeggiando e con quel classico movimento elastico tipico delle statue lignee. Un applauso alla ballerina che la impersonava. Un applauso a tutto il cast, superbo, perfetto, mai in difficoltà, neppure durante le traiettorie sghembe a rappresentare il caos, che lo vedeva interamente presente sul palco.
Magnifica la citazione di “Bammenella ‘e copp’e Quartiere“. Da brividi le musiche di Vito Pizzo, che in note ha colto e raccontato tutto il sogno di Cimmino. Un essere supremo quasi non terreno Lalla Esposito, la cui voce usciva dal corpo come fosse un presagio, intenso, narrante, attoriale. Il racconto di una donna che oramai confonde amore con violenza, perché nessuno le ha insegnato la differenza, che per una scheggia d’affetto paga un prezzo altissimo. Bammenella, la prostituta, simbolo arcaico ed eterno del piacere, di qualunque genere. Bammenella è fluida, Bammenella è corpo senza genere, Bammenella può avere seni generosi o un pesante scroto. Ognuno scelga la merce che preferisce.
Bammenella è fluida, Bammenella è corpo senza genere, Bammenella può avere seni generosi o un pesante scroto. Ognuno scelga la merce che preferisce
La nudità integrale sul palco non fa una piega, è solo vetrina, rappresentazione per clienti interessati. Nessuna resistenza, ogni ballerino/attore ha offerto la sua pelle agli sguardi, totalmente, dimostrando bravura infinita, mostrandosi all’altezza delle migliori produzioni mondiali, affrancandosi da un certo pregiudizio di provincialismo, affibbiato da certi ambienti finto intellettuali, soprattutto alle compagnie meridionali.
La festa di Piedigrotta diventa una gigantesca discoteca, simbologia perfetta per lo stravolgimento di una tradizione che interessava tutto il Sud Italia. Già Raffaele Viviani parlò di un tradimento alla napoletanità nel suo testo quando fece dire allo straniero intervenuto: Mi state trattando male, ma questa non è Napoli, questa città ha sempre amato lo straniero.
Ah, quanta attualità nelle parole del grande maestro. Gennaro Cimmino dalla platea sale sul palco a recitarle, quelle parole. Sale a metterci la faccia, a prendersi le sue responsabilità in prima persona. Diventa attore e nella finzione recitativa diventa più autentico che mai, affermando forte il suo pensiero, la sua critica. Si allinea con tutti gli altri sul bordo palco e a peso morto si lascia cadere nel vuoto in quello che è stato un atto simbolico strepitoso e che ha messo il sigillo di spettacolo formidabile su questa rappresentazione.
È stato difficile non muoversi, non ballare insieme a tanta umanità che in fondo rappresentava il vero su quelle tavole di teatro. Mi friggeva il culo a stare seduto in poltrona. Mi ha caricato le vene di poderosa energia tutto ciò che ho visto. Vivianesque, e non si commetta la leggerezza di accostarlo al termine Burlesque, perché qui di burla non c’è nulla, va semmai assonato all’aggettivo “grotesque”, vera chiave di lettura del significato di napoletanità di Gennaro Cimmino.
Non so che percorsi farà Vivianesque, ma spero varchi i confini nazionali. Un delitto relegarlo a teatro dialettale. Questa è arte, assoluta, viva, pulsante. Vivianesque merita l’internazionalità.
Abbiamo visto “Vivianesque”
Al Teatro Politeama di Napoli
Si ringrazia l’Ufficio Stampa
Per info qui