Joker e Gli Altri Esclusi
“My mother always tells me to smile and put on a happy face”.
Questa frase viene pronunciata come un mantra dal Joker portato sullo schermo, nell’omonimo film, da Joaquin Phoenix. Il film ha appena debuttato nelle sale, riscuotendo un grande successo. Ma al di là dei pareri più o meno negativi sulla pellicola, non interessa in questa sede recensire il film, o notarne i punti di forza o di debolezza. Ciò che sta a cuore è stimolare una riflessione.
Nel film il personaggio di Phoenix è un malato, un emarginato, una persona lasciata sola e abbandonata da tutti, specie da coloro che avrebbero dovuto amarlo di più. Vaga sconsolato, attraversando una società che lo respinge e caccia via a pedate, che non ha tempo per quelli come lui. Tutto questo genera rabbia, rancore, desiderio di rivalsa, che sfocia poi nella follia criminale del celebre antagonista di Batman che tutti conosciamo. Il vero Joker comincia ad apparire verso la fine del film, ma tutto ciò che abbiamo visto prima spiega razionalmente la sua follia irrazionale, e fornisce anche un prezioso background per il Joker portato in scena nel 2008 dallo scomparso Heath Ledger. Il suo Joker era follia allo stato puro, caos selvaggio e senza controllo. La sua personalità era talmente insensata e sopra i limiti da risultare incomprensibile nella sua magnificenza e crudeltà.
Il suo Joker era follia allo stato puro, caos selvaggio e senza controllo
Ora però siamo in grado di dare un percorso al Joker, capire cosa si cela dietro la sua maschera, esprimere per la prima volta un giudizio su di lui che sia quantomeno obiettivo. L’atteggiamento del personaggio, nel film, trova un suo seguito: la parte meno fortunata della città di Gotham, i repressi e gli esclusi si ribellano e, indossando la maschera del clown, invadono le strade della città, cercando di sovvertire l’ordine. Un caso analogo c’era già stato con la ribellione vista nel film V per Vendetta del 2005, dove, al posto della maschera del clown, si indossava quella di Guy Fawkes.
Questo ovviamente è il mondo dei film, ma nella realtà? Anche nel nostro mondo reale potrebbero esserci degli aspiranti Joker.
Eppure viviamo nell’epoca della globalizzazione, delle tecnologie che connettono tutti, senza distinzione di razza, forma e misura; eppure siamo tutti buoni e giusti. Ma è realmente così oppure è solo frutto di un sapiente lavoro di storytelling e di comunicazione digitale efficace? Un altro stumento di marketing e di promozione sociale? Nel mondo sono sempre di più le aree, le zone cittadine e, a volte, anche interi continenti che vengono lasciati indietro, al buio e dimenticati da tutti. L’Africa, ad esempio, si sta lentamente spegnendo, le periferie cittadine sono diventati luoghi degradati, diroccati come gli antichi manieri dei libri gotici di fine ottocento. Questa è una descrizione non esaustiva del problema, che è molto più vasto e intricato di quanto queste poche parole possano cercare di esaurire. Tuttavia, come si era detto agli inizi, poco interessa qui descrivere, o fare un affresco dettagliato della situazione. Qui interessa solo generare una riflessione, porre domande, anche se il tempo di offrire una risposta spesso non ci venga dato. Com’è possibile fermare tutto questo degrado? Come possiamo noi impedire che i Joker e i Guy Fawkes vengano a bussare alla nostra porta, magari con una maschera diversa, ma con la stessa follia distruttrice?
Forse è necessario accendere i riflettori anche su quelle aree buie
Forse è necessario capire le motivazioni di ciascuno di loro, studiare la loro storia, il loro passato, analizzare il contesto in cui sono cresciuti, maturati e in cui hanno subito e sopportato per anni. Forse è necessario accendere i riflettori anche su quelle aree buie, che nessuno vuole vedere perché sono brutte e puzzolenti, perché ci fanno vergognare. Forse è necessario ripartire proprio da lì e distogliere per un momento l’attenzione dai palazzi, dai teatri e dalle serate sfavillanti del centro. Ascoltare, capire, e provare ad educare; mostrare un’altra via, dare una speranza anche a coloro che non vorremmo mai avere intorno, invitare a cena anche quelli che secondo noi non sono degni di sedersi alla nostra tavola. Magari, così facendo, queste persone cominceranno per la prima volta a mostrare loro stessi, il loro dolore, i loro desideri, le loro pene e le loro aspirazioni, senza più il bisogno di nascondersi dietro alla maschera di un clown per poter essere finalmente riconosciuti.