Estranei. La donna con le perle e il passeggino
Estranei: persone fuori da un contesto, dal nostro contesto, persone che non conosciamo, che ci passano accanto, che ci ignorano, che ci guardano. Persone che non ci appartengono.
Mi piace raccontare le storie degli estranei, proprio perché mi appartengono solo per il tempo di una coincidenza, un passo, un viaggio in metro. Rubo le loro espressioni, i loro pezzi di conversazioni al telefono, i loro occhi stanchi dopo una giornata di lavoro e invento storie sul loro passato, su chi li aspetta a casa o all’uscita della stazione. Non mi importa se sia vero oppure no, ma mi piace pensare non sia totalmente falso.
Il mio estraneo di oggi è una donna che ho incontrato all’uscita del supermercato. Alta, i capelli sulle spalle freschi di parrucchiere striati di bianco. Un indizio insignificante se non lo avessi associato al passeggino che spingeva. C’era un neonato infagottato che aveva occhi solo per lei. L’estranea, che sicuramente avrà avuto un nome classico e forse un po’ comune, gli mostrava la lingua e rideva senza contegno. Un fagottino che ruba il contegno a questa signora sulla quarantina, lo smalto rosso e le perle alle orecchie. Ma chi si crede di essere questo piccolo miracolo che non sa ancora parlare?
Il moretto in fasce sarà forse un João, un Pedro o magari un Miguel e non sa niente della sua storia. Anche io non so niente della donna con le perle, ma me la immagino mentre cerca una gravidanza che non arriva, mentre si concentra sulla carriera e si dice che non serve nient’altro per essere felici. Sicuramente non aveva i tacchi mentre aspettava corrucciata che il test mostrasse due lineette, mangiucchiandosi le unghie e pensando che forse era passato il tempo della fantasia di essere mamma, che dopo i quaranta si diventa la zia simpatica e chic, quella dei viaggi, e non la mamma che cambia ancora pannolini. Elencava i vantaggi di non avere figli nella speranza di prepararsi all’impatto di un altro test negativo, ma i vantaggi sembravano sempre troppo pochi mentre immaginava una mano minuscola che cercava la sua.
Poi la lineetta è comparsa. Evidente e prepotente, un segnale arrogante che non sapeva essere sbiadito e cauto. Di colpo la donna non si è preoccupata più dei capelli bianchi, del suo posto nel mondo, delle speranze sussurrate a mezza voce con la paura di fare un torto all’universo. L’estranea ha iniziato a esistere in qualità di qualcosa di diverso, un’entità non più totalmente umana. Ha pianto senza singhiozzare, non le è mai piaciuto essere teatrale, neanche da sola in piedi davanti allo specchio, in un posto intimo che conosceva solo lei e, forse, il suo bambino.
L’estranea continua a spingere il passeggino e non sa di avermi regalato la sua storia. La custodisco insieme a tutte le cose che potrebbero essere successe e la dispiego davanti a voi come un delicato origami fatto di carta.
Fatene ciò che volete.