Passione e delitto
Tra tutti i festival estivi nei borghi siciliani che questa estate offrono in suggestivi siti all’aperto opere liriche e in particolare produzioni di CAVALLERIA RUSTICANA, a volte con mezzi e risorse dilettantistiche con una buona risposta di pubblico che affluisce numeroso (segno che alcuni titoli della tradizione operistica si confermano “pop”), la stagione 2019 del Luglio trapanese offre un cartellone con opere liriche di grande richiamo e di buona fattura.
Il dittico di tradizione “Cavalleria rusticana “ e “Pagliacci” ha riunito sotto il cielo stellato di Villa Margherita ormai teatro dedicato all’indimenticato Pippo Di Stefano un pubblico attento.
Le aspettative non sono rimaste deluse, anzi.
Cominciando a tradurre in parole scritte le suggestioni della regia affidata a Maria Paola Viano i pochi arredi di scena hanno sollecitato la fantasia e la memoria degli spettatori.
Il colore variopinto delle uova pasquali sublimavano la festa del Cristo Risorto mentre l’agnello di marzapane rievocava l’ambientazione siciliana della tragedia Verghiana.
Soltanto durante l’Intermezzo avrei preferito farmi cullare dalla meravigliosa melodia di Mascagni e non distrarmi con il balletto.
L’Intermezzo è un momento di grande suggestione e sensualità e basta da solo a trascinare lo spettatore nella magia della musica; tutto il resto è superfluo.
Sul versante vocale la Santuzza di Cristina Melis, che riascolto dopo essere trascorsi più di quindici anni dal nostro incontro tra le colline chigiane, è stata attenta e misurata.
L’artista, sia pure calata nel personaggio, non ha ceduto alle lusinghe della partitura “verista” e passionale mantenendo una linea di canto con “suoni raccolti” e buona emissione.
Rosario La Spina è stato un convincente Turiddu anche nelle difficoltà del duetto a causa dei tempi staccati dal Direttore d’orchestra.
A tratti ho avuto la sensazione che in alcuni quadri pensava già alla prova che lo attendeva nella seconda parte della serata.
Seguire la vetusta tradizione di affiancare le due opere è stata una scelta vincente e controtendenza.
È una tendenza che molti teatri hanno perso negli anni per le difficoltà vocali di interpretare i due ruoli la stessa sera in quanto la partitura di Mascagni e Leoncavallo in soli due atti unici concentra le difficoltà tecniche che altri compositori diluiscono in tre o addirittura quattro atti.
Per cui onore e merito al tenore che ha interpretato passione e castigo nel doppio ruolo di Turiddu e Canio.
Diceva il mi nonno: “scruscio di carretto e sempre scruscio di carretto e scruscio di carrozza è sempre carrozza” che in poche parole si può sintetizzare la classe non è acqua.
Questo per presentare la prova di Alberto Mastromarino impegnato nelle due opere come Alfio e Tonio ed aduso ad eseguirle nei più prestigiosi palcoscenici del mondo.
Il baritono livornese ha dimostrato, ancora una volta, la sua capacità interpretativa nell’usare la parola cantata.
I colori della voce nel Prologo hanno dipinto nell’aria estiva del teatro una tavolozza di sfumature :
pennellate di rancore e rassegnazione fino a demarcare con sfumature la linea tra realtà e finzione… andiam incominiciate!
Buona la prova degli altri interpreti testimoni di questa altalena di passione e delitto.
Unico neo la traduzione in inglese imprecisa così come il testo non sempre sincrono.
Buon lavoro al “luglio trapanese” per l’impegno di ritornare il teatro di antiche tradizioni.