Mirrorless: colpevole d’innocenza
Un ostinato verbale. Anche verboso. Un ritmo serrato dentro le cui le pieghe, sempre più in penombra, c’è inevitabilmente qualcosa da nascondere. Quando il silenzio, la riflessione, il lutto, indossano parole ripetute, precisate, puntualizzate e rumorose per tentare di convincere o, più verosimilmente, ipnotizzare i giudici popolari e pilotare le sentenze, è inevitabile pensare che la strategia della distrazione stia riscaldandosi ai nastri di partenza.
La colpa da nascondere è l’innocenza
Quale gioia può offrire oggi un’esistenza che scorre come una linea costante e continua che anche i monitor ospedalieri chiamano morte? Quale senso può offrire oggi un’esistenza se non passa per i colorati e moralizzanti talk show in cui il pubblico-magistrato condanna o assolve attraverso sentenze dettate dalla nuova procedura penale (forse penosa) dell’opinione personale? Quale onore ha una vita oggi se non passa per la “nobilitante” galera dove solo chi ha vissuto e ha avuto coraggio di agire al di là delle pavide regole ha accesso? Quando tutto è impersonale e alienante, l’innocenza è un limite che priva dell’unica adrenalina possibile: la notorietà.
Le ventose dell’elettrocardiogramma devono essere riempite di extrasistole. Le telecamere non devono inquadrare volti ma tracciare profili. Indagare. L’occhio famelico del minotauro. Nell’oblio del dedalo di esistenze a buon mercato, il dolore per la morte del proprio fratello potrebbe essere la svolta, il riscatto. Attribuirsi la paternità dell’omicidio potrebbe significare, finalmente, l’interesse del mondo. Degli avvocati in carriera, dei commissari che necessitano di colpevoli veri o presunti per chiudere casi, scrivere encomi, dispensare promozioni.
La solitudine non è più una possibilità, uno spazio da offrire alle cure di cui abbiamo bisogno, un tempo da accarezzare per riposizionarci, rifocalizzarci, per farci compagnia, conoscerci e caricare di senso nuovo le nostre consapevolezze. No. La solitudine è il vuoto. Il nulla da cui fuggire. E quando anche l’ammutinamento della nostra ombra ci travolge, rifiutandosi di ripetere i nostri gesti e decidendo di vivere per sé, a un passo da noi ma in piena e democratica autonomia, la solitudine diventa corpo, acquista spessore, diviene tangibile e non ha soluzione.
Abbiamo visto: Mirrorless di Sabrina Scansani
Regia di Cristiano Ciliberti
Con: Giovanni Alfieri, Lorenzo Affronti, Simone Ripa
Photo: Paolo Falasca e Elena Prosdocimo. Le luci: Paolo Falasca e Peppe Spadaro.
Cometa Off, Via Luca della Robbia, 47 Roma