Tradizione o innovazione
Quando il regista, lo scenografo e il costumista non hanno timore della critica che può definirli “tradizionalisti” e sfidano i “registi geniali” rispettando azione e tempi del libretto, non si mettono a riparo dai melomani e saccenti, ma dividono il pubblico.
Per una corretta rappresentazione delle opere liriche bisogna valutare sia il versante scenico che quello vocale, pretendendo dai cantanti un assoluto rispetto filologico e ripristinando i “tagli” alla partitura che nei decenni scorsi non venivano eseguiti, diventando tradizione.
Io credo che quello che debba colpire lo spettatore attento sia la suggestione della scena e il versante musicale.
Una regia è bella se rimanda lo spettatore ad immagini oniriche: il teatro deve fare sognare, non importa se i miei sogni siano rispettosi del libretto o rimandano alle immagini evocate dalla musica dei grandi compositori.
È necessario che regista, costumista e scenografo abbiano l’idea dello spettacolo e il rispetto per gli interpreti.
Tra tradizione e innovazione esiste un filo sottilissimo che solo il cantante può rendere credibile; allora il discorso ritorna sulle voci, sulle grandi voci e i grandi interpreti che sono, solo loro, artisti. Il gesto del cantante, il suo incedere in scena, il suo sguardo, trasformano e riempiono il palcoscenico.
Ma soprattutto la scelta del repertorio deve essere congruente alla vocalità. Questo davvero fa la differenza; il teatro d’opera porta al termine il suo compito quando l’occhio, le orecchie e la sensibilità del pubblico vengono colpite positivamente.
Ho visto allestimenti da grand opéra nei teatri più importanti d’Europa e ho visto piccole produzioni.
Ho visto allestimenti tradizionali e regie futuristiche, ho visto tradizione e innovazione.
Ho visto routine e “finta innovazione” e queste due alternative credo siano le peggiori.
Ho sentito direttori d’orchestra che “leggevano“ lo spartito ed altri ancora che attraverso la loro bacchetta, trasformavano l’orchestra in un fiume in piena.
Tutto questo però è solo una parte. Centrare l’attenzione sulla regia significa trasformare il teatro d’opera in linguaggio cinematografico e privarlo delle sue componenti essenziali e prioritarie: le voci.
Per me i protagonisti dell’opera lirica sono i cantanti, e solo alcuni riescono a trasformare uno spettacolo in un capolavoro. Solo attraverso la loro voce la magia della musica arriva al cuore. E se ne trovano ancora, sì, ma ormai sono solo eccezioni.