27 gennaio: vita e morte
Il calendario e il destino a volte si divertono ad intrecciare la vita e la morte degli esseri umani.
Per la musica mondiale o meglio per il patrimonio culturale dell’umanità il 27 gennaio è una data importante.
Per non dimenticare e guarda caso proprio il 27 gennaio l’esercito russo entrò nel campo di lavoro di Auschwitz per far conoscere al mondo l’orrore nazista.
E il l 27 gennaio 1901, alle due e cinquanta di notte, il Maestro Giuseppe Verdi spirò dopo sei giorni di agonia, conseguenza di un ictus, nella stanza n. 105 del Grand Hotel et de Milan, che aveva scelto sin dal 1872 come sua residenza milanese. I cittadini di Milano erano tanto affezionati e attenti alle sue esigenze che le strade intorno all’albergo furono cosparse per diversi giorni di paglia, per non disturbarlo con il rumore degli zoccoli e delle carrozze e così permettergli di riposare.
Nelle “Lettere 1843-1900” a cura di Baldassarre e Onorelli, si leggono le intenzioni testamentarie di Verdi: “Ordino che i miei funerali siano modestissimi e si facciano allo spuntar del giorno o all’Ave Maria, di sera, senza canti e suoni. Basteranno due preti, due candele e una croce. Si dispenseranno ai poveri di Sant’Agata lire mille il giorno dopo la mia morte. Non voglio alcuna partecipazione alla mia morte con le solite forme.”
Ma tanto era l’amore degli italiani per Verdi, che non fu organizzato soltanto un “funerale modestissimo” com’era la richiesta del Maestro ma da ogni parte di Milano sin dalle prime luci dell’alba la folla accorse . Come racconta il Corriere del 2 febbraio 1901: “Il corteo percorse via Manzoni, piazza Cavour, via Manin, i bastioni di Porta Nuova, quelli di Porta Garibaldi fino al viale del cimitero Monumentale. Lo spettacolo che presentavano i bastioni, in qualche punto sollevati sulla via incassata fra essi, non si descrive. Soltanto su ora i bastioni attendevano da due ore decine di migliaia di persone. E il carro passava lentamente, avvolto nella nebbia mattinale, assumendo co’ suoi pennacchi e le gale un aspetto fantastico; e dietro camminavano urtandosi, sospingendosi altre decine di migliaia di uomini e di donne basso per la tristezza della funzione e dell’ora”.
Un mese dopo il corpo fu spostato nella cripta della Casa di Riposo per Musicisti fondata dallo stesso Verdi. In quell’occasione grande fu la partecipazione popolare: oltre 300.000 persone si unirono al corteo, guidato in testa da un coro di 820 voci dirette dal Maestro Arturo Toscanini che intonavano il “Va pensiero”; il corteo era così imponente che impiegò 11 ore per raggiungere il palazzo in Piazza Buonarroti.
Ben altra sorte ebbe la salma di Mozart che fu seppellita in una fossa comune.
Ma, come dicevamo, il destino intreccia le vite e così in una fredda giornata d’inverno precisamente il 27 gennaio 1756, nasceva a Salisburgo colui che avrebbe segnato in modo indissolubile la musica in tutte le sue accezioni: Wolfgangus Amedeus Mozart.
Suo padre Leopold compositore ed insegnante di musica, scoprì immediatamente che il termine “bambino prodigio” nacque con suo figlio.
Mozart sviluppò a tre anni l’orecchio assoluto per la musica, iniziò a suonare brevi pezzi al clavicembalo e a cinque componeva quindi anche se non sapeva scrivere riusciva a comporre.
Quando tra i 18 e i 20 anni, riuscì a svincolarsi un po’ dal controllo paterno, Amadeus visse di passione, vi erano infatti in lui due personalità: una giocosa, a volte volgare e grottesca e l’altra sensibilissima e con una vena di malinconia propria dei guitti e dei geni .
Anche la sua ultima opera il Requiem e la sua imminente morte dopo averla composta è degna di un romanzo unico .
Nell’ottobre del 1791, il compositore quasi in miseria a causa della sua vita dissoluta, ricevette la visita di un uomo misterioso mascherato che gli commissionò la composizione di una Messa da Requiem; non la completò ma scrisse l’ultima nota Dies irae poche ore prima della sua morte il 5 dicembre 1791.
Così insieme a questo misterioso 27 gennaio anche la musica intreccia e unisce la vita e la morte di questi due sommi musicisti. Ma il triste giorno “del memoria” oltre che di morte e orrore è piena di musica: la “Musica da Auschwitz”.
Gli oltre sei milioni di ebrei innocenti uccisi nei campi continuano a “parlarci” anche attraverso le note. E’ la musica – classica, sinfonica, lirica, jazz, leggera – composta dai musicisti internati ad Auschwitz e negli altri lager nazisti. Musiche che “fanno parte del patrimonio culturale del Novecento”, afferma il professor Francesco Lotoro, pianista, docente del Conservatorio “U. Giordano di Foggia”.
Così in un calendario composto da trecentosessantacinque giorni e anche trecentosessantasei…il 27 Gennaio è stato scelto per salutare il grande Peppino, per accogliere in questa terra la stella fulgente del genio salisburghese e per ricordare al mondo che l’uomo è carnefice ma anche nel dolore l’unico conforto è la musica.