No more eggs
NO MORE EGGS
Fra e Cri quel pomeriggio erano a casa. Fra era appena tornato da un esame di statistica: un venti strappato con i denti. Cri, indeciso fra filologia e storia, non aveva mai iniziato l’università e vagava per le strade di Spinaceto aspettando il giorno in cui avrebbe scritto la prima riga del romanzo della sua vita.
– Fra, ho una domanda.
– Spara.
– Ma poi mi prendi per pazzo.
– Se dovevo prenderti per pazzo l’avrei già fatto vent’anni fa. Spara.
– Prima che tu tornassi ho cucinato un uovo. Credo, almeno.
– Credi?
– Ho aperto un uovo e l’ho messo sul fuoco con l’olio caldo. Un guscio d’uovo, l’ho sbattuto e l’ho buttato in padella.
– Lo so come si fa un uovo, Cri.
– Bene. La domanda è proprio questa. Quando l’ho aperto sono venuti fuori due pallini: un tuorlo a destra e uno a sinistra. Ho ricontrollato dieci volte nell’umido se per caso mi fossi sbagliato, se avessi distrattamente arraffato due uova invece di uno solo. Ma no: era proprio uno, l’umido l’aveva appena buttato nonno.
– So’ due gemelli, Cri. Un uovo con due pulcini.
– La mia domanda non è sui pulcini, è un discorso su – Cri muove le mani come a simboleggiare degli strati – un altro livello, quello che ti voglio fare.
– Dimmi.
– Ontologicamente parlando.
– Mi pareva strano che non ci mettessi di mezzo la tua stramaledetta filosofia. Cri, hai mangiato due gemelli in un guscio solo, tipo la placenta, no? È andata così, eddaje!
– Volevo chiederti secondo te cosa si definisce come uovo: il guscio, il tuorlo, i pulcini che sarebbero nati e non sono nati? Un uovo è soltanto il suo tuorlo? Perché allora non l’albume? Perché l’albume viene così sacrificato soltanto perché non si può mai definire se si mangi un albume o due, soltanto perché non ha forma definita?
– C’è chi nasce tuorlo e chi nasce albume. L’albume ha scelto di non definirsi, di rimanere senza forma, di adattarsi alla forma che gli si dà. Se lo metti in padella lui si spaparanza mentre il tuorlo no: è e resta tondo, ha un carattere forte e proprio per questo non si può non valutare diversamente.
Nelle parole sparate a raffica di Fra c’è qualcosa che fa male a Cri, che si incupisce e guarda in basso.
– Ma quante uova ho mangiato, Fra?
– Sei a dieta, Cri?
– Ho smesso.
– Beh, perché il discrimine al massimo è quello. Il tuorlo è più calorico dell’albume, lo sanno anche i bambini.
– Chiediamo a Nino.
– Perché?
– Voglio un parere bambino. Fresco di scuola, creativo, immediato. Da adulti si perdono tutte e tre le qualità.
Fra e Cri vanno in soggiorno dove Nino gioca ai Lego. Sta costruendo un ponte per far volare i suoi pezzetti di aereo sorreggendoli con la mano. A undici anni ancora non si è annoiato di giocare con la realtà, anche se tutti i suoi amici preferiscono la Play.
– Prendi la padella, Cri, così Nino vede.
– L’ho mangiato. O li ho mangiati, vai a capire. No more eggs, insomma.
I due spiegano in termini semplici la questione al fratellino.
– Allora, Nino, tu che dici?
– Io dico che quando abbiamo studiato le uova la maestra ci ha detto che il giallo delle uova diventa il cibo per il pulcino.
– La mia idea dei pulcini gemelli era troppo poetica, Cri. Hai mangiato il pranzo e la cena di un pulcino mentre aspettava di nascere. Che uomo crudele.
Si guardano: Fra impietosito, Cri sempre più concentrato e perso.
– Ci mancava soltanto una nuova ipotesi. Quindi?
– Ascolta Cri: a febbraio una notizia ha fatto il giro del mondo. Un uomo in India è stato in sala operatoria per sette ore e ne è uscito con due cuori. Ora tu, guardandolo in faccia, ti faresti queste domande? Ti chiederesti mai se hai di fronte un uomo o con due?
– No.
– E allora?
– Allora un uomo si calcola per gli arti che ha, la forma fisica complessiva.
– Se vuoi giocare al filosofo va bene, ci sto, gioco anche io. Un uomo monco, un mutilato di guerra, non è forse un uomo?
Fra carica dal cellulare foto di uomini senza braccia e senza gambe, moncherini angosciosi che lasciano Cri senza risposte mentre Nino esclama Che brutto!
– Questo è un uomo!
– Hai ragione. Nell’uomo è l’anima che conta, oltre agli arti e la forma complessiva. Ma dove sta l’anima? I greci la piazzano nel cuore, tu hai altre teorie? E se sei d’accordo con loro, l’indiano è forse due uomini in un corpo solo, al contrario di ciò che hai appena detto? Dove hanno l’anima le uova? Dove hanno il cuore i pulcini che non nasceranno mai, Fra, diavolo? Dov’è la loro ghiandola pineale?
– Voglio anche io un uovo!
Nino si è stancato, ha lasciato i Lego per terra, neanche le immagini sul cellulare di Fra lo incuriosiscono più. Fa ancora parte di quelli per cui tutto è un gioco e il gioco è bello solo se dura poco.
– Vai a preparare un uovo a Nino.
– Alla coque con i bastoncini di pane, il mio preferito!
– Come si dice?
– Peeeeer favoooooore!
– Lascia stare il favore, tanto alla coque non lo so fare.
– Faglielo come lo hai fatto tu.
– E se esce un’altra padella a pois?
– Nino sceglierà se è un solo uovo o due.
– Se non mi vede mentre lo cucino, se gli presento due pois rossi in un mare di tuorlo addensato e gli dico che è un uovo, mi prende per scemo. Vedi quanto l’essenza è inscindibile dall’atto? Vedi quanto l’atto e l’essenza sono indissolubilmente legati alla coscienza del procedimento, dell’azione, alla sua, effettiva o mancata, presa visione?
– Cri, così non ne usciamo. Preparagli questo uovo. Tranquillo. E se viene a pois è più bello, no?
Epilogo.
L’uovo per Nino aveva un solo tuorlo.
Cri lavora da un mese in un hamburgeria dove troppo spesso gli chiedono il bacon egg cheeseburger con salsa BBQ: ha un sussulto ogni volta che deve cuocere un uovo all’occhio di bue. Ad ora, non ha mai più assistito allo sdoppiamento di quell’entità pura e soda che è il tuorlo. Lo shock però perdura ed è simile a quello che si riscontra nei miracolati che tornano a contatto con la vita ordinaria, o forse a chi smette traumaticamente di credere in dio. Ha scritto per ventitré volte la prima riga del romanzo della sua vita, che però non ha ancora ultimato.
Fra ha continuato a prendere 20 agli esami universitari, si è laureato in scienze dell’alimentazione. C’è un segreto che, per non ferirlo, non ha mai rivelato al fratello. C’è chi nasce tuorlo, fa scelte e va avanti per la strada che lo definisce. C’è chi nasce albume, si attacca alle pareti, come una piattola cerca morbosamente confini a cui appoggiarsi, fluttua finché può e, se si solidifica, è solo attraverso un procedimento detto denaturazione. Perché identificarsi in una forma definitiva non fa parte della sua natura, forse.