Quartetto, ovvero l’articolazione di Alfredo 1,2,3,4
ALFREDO 1: Non ho mai avuto dubbi sul fatto che fin da piccolo, per essere in linea con la realtà, avrei dovuto attrezzarmi bene bene, come quando si pianifica un viaggio d’avventura o una spedizione solitaria e occorre elencare le cose che servono per la sopravvivenza prevedendo ostacoli, imprevisti, eventi straordinari. Il limite di tutto è stabilire quanto siamo capaci ad organizzarci per attenuare i rischi che potrebbero sopraffarci.
Nulla di tutto questo. Spesso ho intrapreso percorsi senza mai valutare inconvenienti e disgrazie, insomma, ho incrociato coincidenze e opportunità senza calcolarne i rischi.
La cosa più sorprendente è stata quella di ritrovarmi più volte in condizioni difficili, inestricabili. La macchina inarrestabile della realtà ha fatto la sua parte senza sbagliare un colpo, lasciandomi spesso a bocca aperta.
Anna: Hai un’aspetto terribile!
Afredo: Sono giorni pieni, ho un mucchio di cose da fare.
Anna: Sembri un bidone.
Alfredo: Eppure non mangio da giorni.
Anna: Se hai tante cose da fare allarga il tempo, non la pancia!
ALFREDO 2: Le cose vanno da sole senza bisogno di accelerazioni o rallentamenti. Salita e discesa diventano concetti difficili da gestire e occorre scriverlo chiaro: l’amministrazione delle illuminazioni è sempre precaria, per non dire inutile, affatica il cervello e stressa lo spirito, quanto basta per rinunciarvi.
Anna: Sei strano oggi, hai tinto i capelli?
Alfredo: Io? No. Ieri mattina li ho trovati così, tutti bianchi.
Anna: Quindi sei invecchiato in un giorno solo!
Alfredo: Che dici? I colori si alternano, è solo questione di percezione.
ALFREDO 3: Sono i segni i veri protagonisti, come quando ti affacci dalla finestra e ti blocchi davanti ad una bellissima giornata e ti viene voglia di baciare la tua portinaia, che ogni volta che passi quasi emette un rutto, in segno di antipatia per l’enorme fastidio che le arrechi ad ogni passaggio dalla guardiola.
I segni. I segni rimandano all’ancestrale primitivo desiderio di riconciliazione con la terra, quando noi umani eravamo padroni e prigionieri, custodi timorosi e amorevoli, riverenti e attenti ad assecondare la natura in ogni sua mutazione.
Nel finale, l’autore francese nel suo ultimo libro scrive a proposito dell’insensibilità del cuore umano: “…hanno tutti i segni, e non ne tengono conto. È proprio necessario che dia la mia vita per questi miserabili? È proprio necessario essere così esplicito? (*)
I segni non interessano più. Nessuno osserva nessuno, alla maniera di alcuni mistici dediti alle pratiche meditative di concentrazione e di straniamento, nessuno ha più cura di curare. L’attesa si consuma così nel domestico aspettare il momento giusto per dare voce all’indignazione o all’esaltazione secondo il presagio che si avvera.
Anna: Hai deciso?
Alfredo: Deciso? Io sto aspettando il momento giusto.
Anna: Quanto dovrò aspettarti? Stand by me! Stand by me.
Alfredo: Senti non è che siamo a teatro, in una commedia. Qui le cose accadono quando accadono. Io cosa c’entro? Aspettiamo insieme, se vuoi.
ALFREDO 4: Non possiamo riempire il vuoto tessendo l’intreccio con le cose che più amiamo: la lettura, la fantasia, il gioco, il sesso, la pittura… Tutto rimane evanescente, come leggere mille trame e non trovare mai quella giusta. Il nostro ritratto alla fine è sempre una copia, un riflesso, un’alterazione di ciò che siamo. Un vestito senza corpo.
Anna: Stiamo diventando vecchi.
Alfredo: Esageri.
Anna: Sono stanca. Mi annoi e parecchio. Ti lascio.
Alfredo: Ma più tardi c’è la partita!
(*)M. Houellebecq “Serotonina” La nave di Teseo, 2019