Bach e la felicità del gatto
Da ragazzo coltivavo l’idea di fare da grande qualcosa di originale che avesse nel pudore della gentilezza e nel candore della cortesia la sua massima espressione di servizio verso il prossimo. Negli anni concretizzai la mia aspirazione con lo studio teorico del servire a tavola.
Una passione coltivata prima in segreto poi, durante le cene, denunciata sottovoce ai miei genitori. Cene spesso silenziose, senza televisione, ma con il sottofondo musicale dello stereo di mio padre, appassionato di Bach, mentre Magdalena, domestica-balia di Montelepre, serviva i piatti alla nostra destra.
Soffocavo nel brodino e grugnivo tra le fette di roastbeef e piselli, lo sguardo incurante dei miei genitori che, già al secondo movimento della sonata, tralasciavano il mio ingenuo anelito per programmare le vacanze con la simpatica coppia Bellini di Catania, genitori di Clara, mia coetanea bionda quasi trasparente, secca e dritta come una stecca.
Per me invece era tutto chiaro: sarei diventato un cameriere elegante, gentile, moderatamente perfezionista, quasi un maggiordomo servitore alla Hopkins in “Quel che resta del giorno”, film tratto dal romanzo di Ishiguro.
Se le vacanze con la famiglia Bellini si rilevarono un disastro per colpa della pioggia, Clara Bellini “la bionda secca”, si rivelò per me un vero incubo: approfittando della mia educazione e disponibilità mi trasformò in un suo schiavo! Mi prendi quello mi porti quella tazza mi accompagni alla salumeria mi porti la borsa mi guardi se ho un’ape dietro scacciala! andresti a comprarmi questo libro mi porti l’asciugamano e daiiiii fammi compagnia, ohhohhohh ho dimenticato il cappellino a casa, lo andresti a prendere.
Passata l’estate si doveva decidere. E poiché la mia passione purtroppo non fu mai condivisa dai miei genitori dovetti cedere a mio padre, preoccupato per il futuro e pronto a qualsiasi cosa pur di vedermi un giorno permutato in un professionista con tanto di laurea e titoli.
Così, dopo la scuola media, decisero un ottimo liceo e poi una buona facoltà, dove ritrovai Clara, “la bionda secca”, che in quella stagione per fortuna aveva ben tre cavalieri che assecondavano, con enorme mia gioia, ogni suo desiderio.
Un’attività di prestigio l’avrei trovata di sicuro, disciplina e giudizio. Furono sette anni di misura, perfezione e ritmo, come l’esattezza matematica che Bach trasformava in musica. Così è stato, laurea, specializzazione, master. Altri tempi.
Ma quella passione del servire piatti e fare accomodare eleganti signori ai loro tavoli e rivolgere loro qualche complimento o sollecitare qualche desiderio non soddisfatto, non mi ha mai del tutto abbandonato.
Il gesto del ricevere, ospitare, corteggiare, accompagnare e sorridere rappresenta nella mia fantasia, oggi come ieri da giovane, il cartone animato perfetto dove tutti stanno bene e tutti sono felici, anche il gatto della mia vicina.
Fu per questa aspirazione soffocata che durante gli anni dell’emancipazione avrei voluto fare la Rivoluzione. Abbattere la scuola, le università, le élite, i pregiudizi e le barriere del potere statale.
Servire il popolo, libertà anche dalla voglia di libertà. Che mondo sarebbe stato!
Pensavo che dalla Rivoluzione, in quel mondo nuovo, qualsiasi cosa potesse diventare immaginabile, ogni sogno realizzabile, non come è adesso che il possibile è solo ciò che gli altri ti concedono.
La figura del servitore è una vocazione quasi artistica, un intrattenimento che ha di nobile e che conserva i principi morali dell’ospitalità, della comprensione e della condivisione.
Nel mondo possibile tutti dovremmo imparare a servire. Camerieri per vocazione. Un gesto, una parola, uno sguardo e tutto si trasforma in sposalizio di buoni intenti.
Clara, sì proprio Clara la “bionda secca”, mia moglie, mi capisce e mi incoraggia. Sa che la mia idea del servire è un sentimento sano che si nutre però solo di immaginazione tra piatti sporchi e bicchieri di vino che ancora devo lavare e sistemare, mentre il gatto dorme felice.
Con il titolo ” Il cameriere di Via Dante 53/D” in formato ridotto il mio racconto è stato pubblicato su NOVA ED. IL RABDOMANTE nel 2017