Puglia metafisica
Prendete l’atlante e guardatela. Non usate Maps, deponete lo smartphone. La Puglia non è roba da smartphone. Quello, talvolta, ti porta pure fuoristrada, in Puglia. E poi, dico, una prima idea su un luogo bisogna farsela sulla carta. La morfologia è importante, le linee hanno il loro perché. Che ne sarebbe del Salento e del suo piattume tra un mare e l’altro se tutto ciò che siete in grado di fare è puntare la vostra merda di bussola su una caletta di Gallipoli. Con immagine satellitare per vedere quant sia azzurro il mare, per giunta.
La Puglia è un pene
Insomma guardatela e ditemi che ve ne pare. No, non è il tacco di uno stivale. La Puglia ha la forma di un pene e spero che dalle parti di Catanzaro non mi legga nessuno e comunque non è mia intenzione considerare i discendenti di Pitagora & co. delle teste di scroto. La Puglia del pene possiede la forma, ma anche le alterne fortune. E’ una storia di momenti gloriosi alternati a terrificanti depressioni. Non c’è città di questa regione che non possa dire di essere stata la regina, così come nessuna può dire di non essere stata, almeno una volta, vicina all’estinzione. Periodi in cui non si batte chiodo, insomma. Terra che da sempre viene usata per connettersi con l’altrove, terra bramata a cui le tante amanti hanno portato sia fama che malattie. Le città bianche e la peste. I santi orientali e la xylella dell’ulivo. La Puglia ha bisogno di connettere e connettersi, è nella sua natura di pene. Sfogli i depliant informativi di Bari e leggi che oggi la città guarda a Oriente. Brindisi punta invece a unire l’Italia con qualcosa che sta di là dal mare. Taranto paga scotto e al momento si guarda dentro senza trovare risposte. A Lecce, invece, si accetta tutto e tutti. Purché si paghi in contanti e laute siano le mance.
Mari di Puglia
La risacca è l’accento del mare. In Liguria è un accento sonante, il fruscìo dei piccoli sassi che formano la spiaggia. Al contrario dei suoi abitanti, il mare di Liguria parla incessantemente e solo una nuova onda può interrompere il cianciare della precedente. La risacca di Puglia, invece, alterna silenzi e scatti d’ira. Può essere così quieta da non riuscire a intorpidire le acque limpide e, parimenti, talmente rumorosa da coprire e disperdere le parole degli uomini.
Ma in Puglia c’è più di un mare. Due, Adriatico e Ionio, sono azzurri. Il terzo è verde e lo si vede abbandonando la costa. Che significa, tolto il piatto Salento, una dolce ascesa, talvolta quasi impercettibile. La Puglia ci tiene al suo mare, non vorrebbe distaccarsene mai. Quando si allontana lo fa delicatamente, alzandosi di quel poco che permette di voltarsi e mirarlo anche da lontano. Così che tutto finisce per essere mare. Valle d’Itria, Murge. Il mare verde degli ulivi secolari si unisce con l’azzurro dell’Adriatico. Ci sono puntini bianchi che chiamano Masserie e potrebbero essere barche. Ci si confonde mentre si sale. Si guarda indietro. In Puglia ci si volta sempre. E si rimane di pietra.
Inside Bari
Arrivate a Bari dalla costa brindisina, percorrendo tutto il lungomare fino al centro, ve ne prego. Bari è un viaggio a ritroso nella storia. Un percorso mitico, idealizzato, di quelli che Pasolini affidava alle sue poesie sui contadini friulani. Orrore e meraviglia si susseguono lungo la costa dell’Adriatico. Le case abusive, retaggio del secolo che fu, quelle abbandonate (e anch’esse abusive), il prepotente lungomare di ville liberty e palazzi razionalisti di quell’inizio novecento di cui Bari ha fiera memoria. I polpi sbattutti e venduti al molo antico, che non ha mai abbandonato Bari, manco quando era ridotta a poco più che un villaggio. Le mille anime vocianti di Bari vecchia, borgo primigenio della città, con i suoi motorini maleducati e la competizione a suon di santini tra il Santo Nicola e la Vergine Maria e le orecchiette e le sigarette di contrabbando e i ragazzini che seguono la moda e non la scuola e le cucine sulla strada e i crocifissi tatuati sulle porte e sulla pelle. Bari è una serie di città nella città, un pellegrinaggio più laico che religioso verso l’essenza del vissuto e i confini del vivibile.
I dubbi di Brindisi
Brindisi è una città indecisa. Ancora la devi raggiungere e già ti mette in confusione. Ci puoi arrivare in aereo, in nave, in treno o in auto. E non capisci se la vocazione di questa città sia caricare auto sulle navi o noleggiarle all’uscita dell’aeroporto. Se di questa Puglia voglia essere solamente il centro di smistamento o prendersi la sua fetta di turismo. Guardi il centro e non capisci, non lo capisci proprio se questa città silenziosa e educata sia bella o brutta, se a dominare siano i palazzi barocchi o quelli, più moderni, di vetro. Se l’anima sia nell’elegante lungomare o nella squallida periferia. Così che a brindisi si finisce sempre per sedersi sul lungomare, dove gli aerei volano pochi metri sopra le navi e i pescatori, seduti nei loro gusci di noce, riflettono a testa china sul da fare: gettare le reti o imbarcare turisti?
Salento da autenticare
A Lecce una domanda del genere non se la farebbe nessuno. Un po’ perché il mare dista qualche km, un po’ perché quello che vuole fare da grande già lo ha capito: vendere e, in definitiva, propalare un’immagine di se’ stessa. Barocca, arzigogolata e lucente, Lecce sa sedurre e convertire al Dio del Salento, che balla la pizzica e vende tarallucci sul sagrato della Chiesa. Che apre negozi di souvenir di dubbio gusto in quell’angolino dove tanto bello sarebbe un selfie con hashtag di rito e satura i suoi brevi e ombrosi vicoli degli odori delle puccie e dei pasticciotti.
Il Salento la sua scelta l’ha fatta e qualcuno è stato sacrificato. Fuori dalle città d’arte e dalle spiagge esotiche, lontano dalla tammarreide di Gallipoli c’è il Salento delle strade dissestate e dei cartelli arruginiti, dei paesi con i bar chiusi alle 14 e i campi bruciati dal sole e dal vento, delle discariche abusive e delle villette che vabbé, che ve lo dico a fare. Fa schifo? Manco per le palle. Lontano dai percorsi segnati e battuti, dove viali sterrati portano le auto su spiagge abbandonate e barche corrose dalla salsedine ricordano al viandante che forse Dio qui c’è anche passato, ma poi ha preferito un B&B a Porto Cesareo. Desertico, isolato, autentico. Se vi siete mai chiesti se ancora esistano quei soggetti di quadri marinareschi impressionisti con barche abbandonate e gabbiani come uniche forme di vita, di mari ondosi ma non troppo e piccole spiagge desertiche la risposta è si. Qui ci sono.
Ma dove di preciso si trovino tali ameni loci non ve lo dico mica. La Puglia è terra di scelte. Le ha dovute fare per sé, e non sempre le ha azzeccate. Così fa con gli ospiti. E non sempre si azzeccano, le scelte. Ma ovunque vi troverete, guardatevi bene attorno perché la Puglia è un mercante onesto. Potreste trovarvi a Cisternino, dove ci sono i trulli, ma non è Alberobello. Oppure a Gioia del Colle, dove c’è un Castello normanno, ma non è quello dell’Aquila. Ovunque sarete, prima di mettervi la cintura e ripartire, direte che si, ne è valsa la pena. Anche se le sospensioni sono da cambiare e il navigatore dice che il vostro albergo è in Umbria, mica a Ostuni.