Delitto e Castigo, dramma a due voci
“Napoleone lo ha terribilmente affascinato; cioè, con più precisione, lo ha affascinato l’idea che moltissimi uomini geniali non abbiano badato a una cattiveria singola e siano passati oltre, senza stare a pensarci. A quanto sembra, si è immaginato di essere anche lui un uomo geniale”
(Fëdor Dostoevskij, Delitto e Castigo)
A classici come questi non ci si accosta senza provare un fremito lungo la schiena. E nemmeno se ti chiami Sergio Rubini; nemmeno con un palmares invidiabile, David di Donatello e Globi d’Oro che non neanche più quanti. A Fëdor Dostoevskij ci si avvicina con rigore morale, e con la tensione di chi sa che innumerevoli sono stati i tentativi di rendere in scena capolavori del calibro di Delitto e Castigo. Bisogna farlo con umiltà. Ma aver saputo cogliere il duplice fluire delle voci del libro, il personale e il narrativo che ritraggono la scena e la vestono d’azione, e aver tratto da ciò l’artifizio per cogliere finalmente in trappola finalmente la narrazione tra il sipario e il proscenio, e farle parlare la lingua teatrale, ebbene, è vanto davvero di pochi.
Ci è riuscito perfettamente Sergio Rubini, e il suo adattamento teatrale di Delitto e Castigo con Luigi Lo Cascio non traduce solamente l’opera in un nuovo linguaggio. La fa propria, sua; diventa un’opera teatrale. Non si rimpiange il libro come spesso accade quando dopo aver visto un film ci si rimprovera: chi me l’ha fatto fare?
Il castigo diventa funesto, ed è visto con lama di bisturi
Il progetto scenico e l’impianto sonoro è degno di ogni rispetto, e contribuisce non poco a rendere viva la scena. Il pubblico sperimenta una immersione convulsa nel testo; consigliarlo è un obbligo morale.
Abbiamo visto
Delitto e Castigo
di Fëdor Dostoevskij
con Luigi Lo Cascio e Sergio Rubini
adattamento teatrale diSergio Rubini e Carla Cavalluzzi
al Teatro Bellini di Napoli
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