FuSanValentino
Piove, come non mai. Addio razionamento idrico e addio al profumo di scirocco. Non ricordo la data, nemmeno il giorno forse un giovedì o venerdì, ma comunque mi è nitida l’immagine di un tavolo rettangolare di dodici o tredici amici ritrovatisi per festeggiare. Ma cosa si festeggia? Nessuno lo sa. Ricordo i brindisi però.
Auguri
Auguri
Auguri
Iniziamo in sei, oh guarda ne arrivano altri tre, infine altri due.
Piove, fuori piove.
Tavolata di San Valentino, ecco adesso ricordo.
Innamorati dispersi.
Calici di rossa birra, panelle e tortino di pasta al forno in tagliere da portata. Vedi che ricordo!
Amici di passaggio, amici di scoperte.
Curiosi questi innamorati che insieme festeggiano Valentino senza essere amanti. Intorno, altri tavoli si accoppiano, si sbaciucchiano accostando le sedie e bisbigliano promesse e progetti sul sottofondo di un blues confortante.
“Volgeremo lo sguardo oltre questo giorno, nell’invito alla festa che promette il destino?”
Come irregolari invitati alla festa, sorseggiamo le nostre birre. Si partirà? Ma si ritorna, è quasi certo, perché di sicuro tra qualche mese arriverà il vento di scirocco e il mare cristallino e l’azzurro del cielo che riconcilieranno la separazione sotto un cielo caldo di stelle, immobile come il nostro vecchio quotidiano.
Mangeremo gelsomini, berremo melograni.
Un altro brindisi. Per chi resta per chi va. Gli leggo negli occhi i pensieri. So chi sono, conosco la consistenza dei loro passi e scopro l’attenzione delle loro mani quando nel ripiegare il tovagliolo di carta, che sta di fronte a sinistra o a destra, allungano lo sguardo sul telo di Santa Rosalia che rossa, verde e blu avvolge la fantasia, alle spalle del Vesuvio.
Fuori piove.
Nell’assolo di chitarra, che intenerisce la cute più dura, mi circondano sguardi e carezze con la promessa di prendere appunti per la memoria perché io sia testimone di questo giorno, mentre ciascuno apparecchia la propria tavola con i racconti che verranno e che scalpitano oltre il senso comune.
Un altro brindisi per Biancaeva!
Auguri, auguri, auguri.
Fuori piove. Dispersi.
Dispersi intorno ad un tavolo, in attesa che la Santa dal Monte Pellegrino ritrovi la strada che la riporti a svelare nitido il contorno innevato del Vulcano.
Siamo qui, sono qui, forti e coraggiosi.
Fuori nevica.
Nu sole spaccaprete
fatt’a fferz’ ‘e lenzole
menate dint’ ‘e bbarche
e ncopp’ a tutt’ ‘e case
ammuntunate sott’ ‘o Vesuvio
e ncopp’ a vocca soja
zucchero in polvere,
cumme si ‘e pressa ‘e pressa
a uocchio a uocchio
avesse fatto
uno muorzo surtanto
‘e na pasta bignè.
E che cielo!
Nu cielo a tavuletta
trasparente e turchese.
Accussì scenne a Napule,
ncopp’ ‘o Vesuvio,
‘a neve. (*)
Li conosco e Palermo è la loro culla. Fuori piove, ma arriverà lo scirocco.
(*)Edoardo De Filippo ( ‘A neva 1972)