La canzone del mediterraneo vorace
Quella di Riace e di come è stata riqualificata a partire dal fenomeno migratorio, è una piccola piccola storia dal lieto fine di cui in molti hanno letto negli ultimi tempi. Per il resto a prevalere sono notizie nefaste, arrabbiate, gridate sui telegiornali a tutte le ore.
La canzone dei migranti (edizioni GoWare) narra le vicende di un gruppo di richiedenti asilo dal loro viaggio fino all’arrivo in Italia, senza limitarsi al facile pathos del viaggio in mare ma andando oltre, per indagare quello che è il vero percorso dei singoli nella società italiana, l’iter burocratico e legale a cui parallelamente si affianca la difficile rielaborazione del proprio personale passato, i ricordi, i lutti, le aspirazioni.
Fabio Rocco Oliva sembra rendere omaggio a Hemingway quando racconta quel Mediterraneo che incarna l’ossimoro del “deserto di mare”, mentre descrive la lotta per la vita dei naufraghi e del tonno di cui vogliono cibarsi, la spinta feroce e animale che li fa azzuffare, spingendosi l’uno contro l’altro a colpirsi in maniera sempre più spietata, cannibali neofiti. C’è un caleidoscopio di storie, nelle pagine de La canzone dei migranti: quella di Yusuf il berbero, di donne coraggiose che bramano vendetta, di baci in mare, ma anche degli abitanti e dei pescatori dell’isola di Lampedusa, restii ad accogliere i nuovi arrivati. Il pregio di Oliva è rendere umano ogni suo personaggio, anche ad un passo dall’abominio e dalla bestialità: è un abbrutimento che il lettore apprende con compassione, mai con giudizio. Oppressori ed oppressi, caporali, scafisti, bambini, vecchi: ci sono tutti, nel mare magnum che l’autore racconta. Un mare pronto a divorare corpi anch’essi cronicamente affamati di vita, di speranza, di futuro. A fare da fil rouge, una voracità pervasiva che si respira ad ogni pagina.
C’è chi non sa come muoversi e quali passi fare, ora che il viaggio della speranza si è concluso, e chi, come Laila, ne sa più degli altri su Commissione, permesso di soggiorno e burocrazia varia e lo spiega ai compagni; ci sono volontari che vorrebbero fare di più, agire diversamente, ma si trovano in un grande campo a svolgere mansioni di sussistenza in maniera emergenziale, obbligatoriamente frettolosa e grossolana perché non sono i singoli a sbagliare ma la falla è nel sistema tutto, che li risucchia, li supera e rende vani i loro sforzi.
Con un tono poetico che non perde mai concretezza, Fabio Rocco Oliva racconta in capitoli brevi le tappe del viaggio che migliaia di persone affrontano ormai da anni, guidati dal pensiero per cui “Altrove è sempre un posto migliore”. Lasciando il beneficio del dubbio: è davvero così?
La canzone dei migranti è un romanzo corale che si presta alla lettura nelle scuole, al dibattito in aula, per discutere a fondo e senza pregiudizi di ciò che accade in questo mare affamato di corpi affamati di vita.