Schinosa, maestri d’olio
Riscoprire la dimensione naturale delle cose è oramai un privilegio per pochi. Confusi come siamo, immersi nella quotidianità, viviamo ormai senza badare a vivere, distrattamente così come distrattamente respiriamo, corriamo, lavoriamo, ancora corriamo, mangiamo e beviamo, senza badare a cosa, senza badare a come, perché quel che importa è solo il quando, e la sua necessità imperiosa e contingente.
Nel frattempo, però, in Puglia c’è gente che miete olive dagli alberi, e mietere è verbo solo apparentemente inadatto a descrivere quel gesto antico. C’è gente, si diceva, che lo fa nel modo e nella maniera opportuni; gente per la quale l’unico quando equivale alle prime luci dell’alba, e il tempo è descritto dall’incedere del Sole nel cielo. Lento.
E per noi, lì convenuti, di domenica mattina, assistere a quello spettacolo è qualcosa che desta stupore e pena insieme, l’una per il destarsi della meraviglia nell’assistere a quei gesti antichi, l’altra per noi stessi, che non pensavamo più che le olive crescessero sugli alberi. L’insolenza dei tempi moderni giunge anche a questo, a farci pensare che il latte nasca nel banco frigo, l’olio sullo scaffale, le olive sul piattino dell’aperitivo domenicale, così, senza un perché, come per generazione spontanea.
Eppure così non è, e lo abbiamo scoperto a Trani in una giornata nel corso della quale abbiamo anche scoperto Trani stessa, dopo aver visitato gli uliveti coltivati a coratina e il frantoio dell’azienda agricola Di Martino, dove abbiamo visto e apprezzato l’arte antica del fare l’olio.
Visto con occhi pieni di meraviglia le fasi di raccolta, dove se si ricorre all’aiuto meccanico è sempre sotto lo sguardo vigile di qualcuno, e nel pieno rispetto della natura e delle coltivazioni; osservato quanto il trasporto sia rapido dall’uliveto al frantoio, e come l’oliva diventi olio nel volgere di pochissimo tempo; visto con occhi colmi di stupore congegni stupendi in grado di separare le foglie dalle olive, i noccioli da quest’ultime, e ogni traccia d’acqua vegetale dall’olio che ne è il prodotto finale, e che ha superato egregiamente la prova dei fatti dando dimostrazione di sé nelle pietanze offerte per l’occasione. Ma più di tutto colpisce i sensi l’odore del liquido giallo che sgorga copioso dal frantoio, formando quelle onde sensuali, prive di increspature, di cui soltanto l’olio è capace, in virtù della sua tipica fluidità. Extravergine d’oliva. Quello buono, quello italiano di Puglia.
Schinosa, delle Aziende agricole Di Martino è un’azienda moderna dalla tradizione antica, forte di una tenuta estesa 176 ettari, che ospita 28mila olivi, quasi tutti secolari, e che insiste per intero nel comune di Trani, nord di Bari, nella Puglia che è culla e regina dell’olivocoltura italiana.
Trani, poi, è stupefacente, e mitiga i pensieri di chi la visiti con una serenità che appartiene a tempi andati. La superlativa cattedrale che s’affaccia sul mare è ritratta in una moltitudine di cartoline ed è emblema cristiano della Puglia nel mondo. Ma c’è di più. Col suo intreccio di stili ha accolto influenze di popoli, di tradizioni e persino di religioni diverse, superando persino se stessa, e diventando icona e sintesi di una religione universale. Così come Trani stessa, che negli stretti dedali del suo quartiere ebraico accoglie una sinagoga nella cristianissima Puglia. Una sinagoga che fu chiesa, per poi tornare sinagoga. E che forse è non solo chiesa e sinagoga, ma anche templio e moschea, simbolo di condivisione e di integrazione, e della volontà di un popolo di farsi testimone e portatore di un approccio multiculturale al quale tutte le comunità dovrebbero ispirarsi.
Visitate Trani a Novembre, quando la Puglia è lontana dall’ebbrezza dell’estate. E fate un salto all’azienda Schinosa, dove si produce ancora dell’ottimo olio, proprio come una volta.