Ti presento la neve
Quando ho conosciuto la neve avevo già diciotto anni.
Ci siamo incontrate, io e lei, in un luogo abbastanza improbabile: la Sicilia.
Ero vestita con una giacchetta di velluto blu scuro che usavo a Bogotà, jeans con sotto collant di lana cinese e un paio di calze striminzite. Alle mani, dei guanti acquistati alle bancarelle di Mondello, di quelli che usano gli isolani non appena la temperatura scende sotto la soglia dei quindici gradi e la cui inutilità è famosa in tutto il mondo.
In testa un basco nero.
Ero la rappresentazione del disagio climatico.
Io venivo da Bogotà.
Solo dopo molti anni sono riuscita a mettermi al passo col dress-code delle stagioni.
Ho adattato i miei vestiti e gli stati d’animo al tempo, perché si campa così in questo continente.
Quell’inverno ero con una amica colombiana, venuta a passare il capodanno con me in Sicilia.
Riuscivo a leggere tutto il suo disappunto in faccia mentre ci avvicinavamo con la macchina a Piano Zucchi, nelle Madonie. Era l’otto dicembre e il ghiaccio brillante misto fango del bordo della strada andava ad aumentare, mentre noi salivamo verso il primo rifugio. Lei, che probabilmente andava alla ricerca letterale dei suoi scenari da sogno, si era prefigurata a Courmayeur, vista Alpi, in una baita con un cane San Bernardo a fare la guardia, ubriaco di qualunque cosa mettano nelle piccole botti che portano al collo questo genere di cani.
– C’è la neve, c’è la neve! Ho detto.
– Hmm si, lo vedo.
Non era per niente emozionata.
Ho cercato di capire la sua disillusione, ma ero sinceramente contrariata perché non c’era neanche un atomo brutto nell’aria. Poi col tempo ho imparato che è necessario lasciarsi sorprendere, senza idealizzare. Perché spesso la vita è quello che ti capita mentre stai a fare un sacco di altri programmi. E quel giorno mi ha dato una bella lezioncina al riguardo.
Infatti c’era un giorno di sole e un freddo frizzante che accarezzava la faccia. Nessuna baita siamo d’accordo, ma piuttosto un edificio in calcestruzzo anni settanta dove la parola polenta era di sicuro sconosciuta. Panelle, cazzilli e ricotta fresca c’era scritto sul menù. Nessun cane San Bernardo di nome Franz, ma un bastardello che la cuoca del ristorante chiamava u’zu’Pino. Non guardavo interminabili catene di montagne all’orizzonte, ma avevo un buon punto di vista sul mare, che nella giornata bella limpida dava mostra di sé in lontananza.
Ho abbracciato un pugno di neve fino a farmi bruciare le dita. Mi sono distesa sul suo manto.
Le mie precarie scarpette hanno inzuppato i piedi fino alle ossa e le due paia di calze di cotone cinese hanno iniziato a produrre ghiaccio e artrite da sole e sicuramente a dissolversi.
Questa settimana ha nevicato.
Io ora abito in Val di Susa, che vent’anni dopo mi soprende al contrario. Senza neve, non esiste.
Ora ho una famiglia caotica e di femminile esuberanza che mi consente poco di stare a crogiolarmi sui disagi esistenziali derivanti dal meteo e le stagioni. In questo momento della mia vita misuro la temperatura in base agli strati di vestiti a cui sottopongo le mie figlie e sono basicamente tre: senza giacca, con giacca anti-vento o vestite direttamente da eschimesi.
Eppure ieri in macchina, in mezzo alla mia tradizionale nuvola di caos, ho alzato gli occhi e incontrato in lontananza i boschi e le montagne della valle, bianche e brillanti sotto un abbagliante sole invernale.
Sorridevo mentre incontravo la ventenne che ero e venivo investita dalle stesse sensazioni emozionanti di quando avevo scoperto un mondo diverso da casa e che avevo solo sognato durante la primavera eterna e piovosa bogotana. Del bruciore alle mani, del freddo frizzante nel corpo, dei piedi zuppi d’acqua.
Sono passati vent’anni e mi piace pensare che ancora non mi abituo alle nuove scoperte. Penso ai mondi diversi da casa mia e al modo in cui ci incontreremo e mi emoziono. Confido nella capacità di non temere i cambiamenti, talento che ho acquisito tardi e che un po’ a volte vado perdendo e ritrovando, come fosse un paio di occhiali da sole qualsiasi.
Life is what happens to you while you’re busy making other plans, diceva John Lennon.