Se il tradimento è un gatto di Schrodinger
È andato in scena domenica 26 novembre, al circolo ARCI dei Carichi Sospesi di Padova, nell’ambito della rassegna Dritti al cuore, “ Monogamia, una storia fantastica”.
Ispirato a “La collezione” di Harold Pinter, l’intreccio è portato in scena da quattro attori e narra la storia di un tradimento.
Scenografia semplice, musiche azzeccatissime, una regia capace del giovane Maragoni.
Per quanto carica di ironia, la trama resta all’insegna del dramma: si parte dal presupposto di un tradimento che ha incrociato i destini di due coppie solide e mature, formate rispettivamente da due uomini l’una e da un uomo e una donna l’altra. Più che l’atto in sé del tradimento, a conferire la drammaticità è lo strenuo tentativo di stravolgere i fatti, attaccandosi a dettagli per estrapolarne infinite versioni che rendano chi le narra via via meno colpevole. Il tradimento è un gatto di Schrodinger che al contempo c’è stato e non c’è stato: allo spettatore sono lanciate in faccia come schegge tutte le versioni e le conseguenze immaginabili.
Sembra che durante un viaggio a Londra, nella stanza di un albergo che i quattro personaggi hanno ben presente, sia successo qualcosa di imperdonabile. Dapprima la furia dei traditi imperversa sul palco, ma ben presto si scivola, a suon di vodka, in un beffardo intorpidimento interiore. Si perdona, si fa spallucce, ci si mette in discussione ma ci si grazia sul finale. I fatti realmente accaduti non importano, la verità storica scivola in secondo piano per la sua scomodità e lascia spazio ad una cronaca che è un compromesso di comodo costruito, assemblando suggestioni condivise pigramente.
Si parte da un’insinuazione graffiante, “Conosci davvero tua moglie?”, e si finisce ringraziando il galeotto imprevisto per aver dato modo di sondare un “mondo inesplorato”. Si ringrazia per la possibilità di ampliare la propria prospettiva fino a coprire non più uno ma tre punti di vista, si parla da vinti in un ovattato ritorno alla normalità sardonica, una patina di quiete dopo la bufera.
Carico di simbolismi, lo spettacolo sfocia nel surreale ad ogni sorso di vodka dei personaggi, ad ogni ghigno grottesco dei traditi. Se la monogamia è storia fantastica, con essa lo diviene anche l’infallibilità umana: ci si guarda allo specchio nudi, brilli, insieme, traditi e traditori. Soli nei propri corpi miserabili e sensuali, colpevoli del potenziale erotico che loro malgrado emanano. Lo specchio è lo stesso per tutti, ma nessuno sa con certezza quale immagine carpiscono gli occhi altrui, quali abissi si sondano.
Con il procedere di questa tragicommedia etilica dai toni agrodolci ci si accorge che il dramma alla base non è il tradimento, ma la resistenza dei personaggi ad accettarlo, il blocco totale per non spostarsi di un millimetro dalla propria nicchia di conforto. La quiete beckettiana in cui tutti si avvolgono impedisce lo scontro diretto ma non fornisce risposta alla questione aperta in partenza: permea in silenzio le quattro vite, finalmente esentate dalla rimessa in discussione della loro identità.
Un plauso va agli attori, che con dialoghi ben costruiti ed essenziali lasciano lo spettatore in tensione di fronte a un baratro fra risata e disperazione. Che è terreno fertile una volta varcata la soglia del teatro, quando si torna nella vita reale.
Monogamia, una storia fantastica
prodotto da Indiana Teatro
ispirato a “La collezione” di Harold Pinter
regia di Lorenzo Maragoni
costumi e scenografia di Riccardo Longo
con Riccardo Dal Toso, Julio Escamilla Camacho, Greta Giancola, Vittorio Lora