A Palermo la famiglia Belmonte discute sulla dignità
Sovrapposti i luoghi comuni macerati durante la notte, dopo il risveglio quasi apparente a causa di un banale rovescio di tavoli e sedie della famiglia Belmonte che abita qui di sopra, travolto così anche oggi dalla furia igienista della signora Teresa, terza moglie del signor Michele, scesa per amore con tre figli da Bergamo e che odia Palermo, tutti i palermitani, il caldo, il mangiare, il vociare, il dialetto e che ogni mattina alle 6:45, quasi appesa alla ringhiera del terrazzo di casa, grida verso la strada, rivolgendosi alla cittadinanza panormita (quasi un proclama elettorale): che vergogna, che città sporca, che polvere, questa casa è una bettola, pulire, pulire devo sempre pulire, maiali senza dignità, schifo è uno schifo… mi accorgo di avere rincorso i pochi minuti a disposizione per andare al lavoro inutilmente perché è finalmente Domenica.
Ho rispetto per tutti, osservo le regole, non violo mai le precedenze, non accuso mai nessuno senza motivo e cerco di non inquinare l’ambiente, se vado dal mio fruttivendolo chiedo sempre: chi è l’ultimo, per favore?
Eppure i luoghi comuni, pestati nella notte appena superata, stanno qui annodati come un cordone ombelicale intorno alla mia testa, protrusione inconsistente di antichi cordoni…
La signora Belmonte vorrebbe per Salvatore Riina una morte dignitosa.
L’insurrezione osteggiata dal buon senso vorrebbe che, come ogni volta, anche in quest’occasione lasci il campo alla logica e al quieto temperamento che fin da piccolo mi ha diviso dai cattivi ragazzi. Io da questa parte, loro dall’altra. Ero buono.
Fragile primato per una così fiacca classifica che mi ha visto da sempre sul punto di sfidare una soluzione finale, o io o tu, seguendo la legge depravata del disordine.
La signora Belmonte e i suoi tre figli, vorrebbero per Salvatore Riina una morte dignitosa.
L’indecenza che calpesta il suolo non lascia solchi sulla strada e cammina spedita, sicura e morbida come un kleenex di carta sospinto dal vento superando qualsiasi ostacolo. La scorgi soltanto ascoltando il bisbiglio insofferente del qualunque che ti si strofina distratto, incurante che questo era il tuo/mio marciapiede, quando qualche minuto prima riequilibravi il senso delle cose sperando che la bellezza avrebbe salvato il mondo o almeno questa giornata.
Nessuno salva nessuno e in questo mattino di riposo, una speciale e luminosa domenica palermitana, la polvere sembra volere ricoprire anche questo foglio che uso per scrivere. Signora Belmonte può scendere un attimo?
(il racconto è stato pubblicato sulla rivista NOVA anno XVII N.66)