Autunno: datemi sincerità e Il Contrario dell’Amore
È il 22 settembre: primo giorno di Autunno e giorno dell’uscita del nuovo album di L’Aura, Il Contrario dell’amore (Time Records).
Autunno: datemi sincerità e buona musica, penso.
Autunno: datemi sincerità e il contrario dell’amore, penso poi.
E in effetti il contrario dell’amore è quella cosa nascosta che emerge negli interstizi bui della vita, quello che succede lontano dall’occhio di bue puntato addosso, il lato oscuro che poco si racconta. Quello sincero, quello complicato, quello autunnale, in un certo senso.
Amo la riservatezza di settembre quando comincia a centellinare le ore di sole, a regalare penombra a chi alle sette di sera passeggia stanco, a chi non sopportava più la prepotenza di quel caldo a tutte le ore. Amo la pacatezza di quelle giornate più consone ai ritmi malinconici di chi, sotto l’occhio del sole fisso addosso fino alle nove di sera, non sapeva più che fare. Ed è troppo presto per mangiare e per andare a dormire, troppo tardi per andare a nuotare, troppo caldo per fare una corsa e non c’è nessuno che abbia voglia di passeggiare. I primi freschi giustificano una dose di connaturata nostalgia, annullano i debiti e i crediti di chi ha pregato o scongiurato la fine dell’eccentrica stagione di sole: chi ha fatto l’amore, chi lo ha cercato, chi è partito e chi ha solo lavorato, il sole a settembre cala per tutti alle sette e mezza di sera. Non c’è più bisogno di ostentare, di sorridere forzatamente, di googlare smaniosamente alla ricerca dell’ennesimo party. Amo settembre e le foglie che cadono sugli ultimi cespi di insalata che vorrei conservare ma ingialliscono. Allora spolvero via le foglie e sradico le lattughe, le passo sotto l’acqua e le ammollo in bicarbonato mentre scelgo il film che vedrò.
Quando l’estate mi si rende insopportabile, amo settembre.
Sarà che dopo il turbinio estivo ho bisogno di fermarmi, ispezionare, mantenere e lasciar andare, scremare la quotidianità. Sono stanca di questa smania organizzativa, dell’affanno cieco, della passerella della superficialità, del must hipster o radical del momento, della riuscita degli “eventi” che si misura in presenze numeriche e non guarda allo spessore dei rapporti umani che potrebbero emergere – e invece no.
Ho bisogno di routine e di buoni propositi, di un rituale di salvezza che mi convinca che si può ciclicamente ricominciare, un corrispettivo adulto del giro compere per prepararsi alla ripresa della scuola.
Ho bisogno di the caldo, di abbracci e di buoni libri e buona musica, quindi cercatemi solo se offrite calore e uno spazio in cui non regna il “mi occupo di”.
Ho bisogno di una tregua interiore e di ascolto.
È il 22 settembre ed è il primo giorno di autunno. È venerdì e come tutti i venerdì mi assale la stanchezza della settimana lavorativa. Mi chiudo in camera ad ascoltare un album che attendo da tanto tempo: Il contrario dell’amore, di L’Aura.
Attorno a me tramonta il sole e non me ne accorgo perché gli occhi sono chiusi: è la mia tregua, la mia ora di sincerità, la prima di tante. Ascolto “Quest’estate finirà” e l’idea non mi dispiace. L’aura si è fatta più materna ma la voce graffiante del brano mi assicura che non ha perso la grinta. “The bad side” mi richiama le note oscure e le sonorità enigmatiche di Demian. “I’m an alcoholic” è la hit orecchiabile che sono state “Radiostar” in Okumuki e “Non è una favola” in Demian. “Cose così”, fitta allo stomaco per i rimandi che mi suggerisce. “L’amore resta se c’è una fine” dà prova, a chi ne avesse bisogno, dell’immensità della voce della cantante bresciana, ricordando virtuosismi alla Lara Fabian o giri di note alla Antonella Ruggiero. “La meccanica del cuore”, un sorriso di positività. “Unfair” è l’eredità di Alanis Morissette. C’è tanto del passato e molto di nuovo, ne Il contrario dell’amore. C’è l’esito di un processo impegnativo di rimessa in discussione di sé, la consapevolezza della propria autenticità che raggiunge chi si ritrova dopo essersi perso di vista. La genuinità è benessere e se non c’è fa male. È come l’estate carica di sole che prima abbronza e poi scotta, che illumina e poi acceca. Serve un riparo, un rifugio, una tregua. Chi non si è mai allontanato da sé soffre forse di meno ma rinuncia al privilegio di osservarsi da lontano e crescere. “Il contrario dell’amore” è un album per cui L’Aura ha lottato con coraggio, concentrazione e dedizione e l’autenticità del suo lavoro arriva sin dal primo ascolto. Nell’album c’è una voce che chiede perdono e proprio nella leggerezza di questa richiesta, in queste note familiari eppure nuove mi tocca la spontaneità sbarazzina ma mai frivola.
Più di dieci anni di carriera alle spalle, nell’ultimo album L’aura è una donna matura ma è anche la ragazza sognante che abbiamo conosciuto in Okumuki, una sintesi che prende il meglio da tesi e antitesi che l’hanno preceduta. Riparte, L’aura, raccogliendo pezzi di passato e seminando germogli di nuove consapevolezze. Viaggia sapientemente e con leggerezza a cavallo fra gli anni ’60 e ’70 per approdare ai ’90 che l’hanno vista crescere. Torna all’ipertestualità che in lei ho amato sin dagli esordi, lanciando richiami a libri (“La Meccanica del cuore”) e strizzando l’occhio a personalità musicali che altri gruppi ed autori ci hanno raccontato, come la Mary Jane di Alanis Morissette, Lucy dei Beatles e Lisa, la Sad Lisa di Cat Stevens.
Che cosa buffa, l’autunno: ascolti un album e ti si apre un mondo, sogni per un po’, riapri gli occhi e fuori è giù buio anche se sono soltanto le sette di sera.
So che non uscirò e non me ne faccio un cruccio, mi godo il mio autunno su queste note che non temono di raccontare la fragilità.