Enigma, detenuti di Pagliarelli in scena
Quale strano ENIGMA è l’uomo!
Il carcere sta dentro la città, tra condomini e strade a due corsie, solo un’alta ringhiera gialla delimita lo spazio. Al di là stanno i civili liberi, entro il recinto i detenuti.
Stesse nuvole, stessa luce, uguali rumori, uguale tempo, differenti desideri. Anche oggi il sole a Palermo è bello da dovunque tu riesca ad osservarlo, forse anche da una finestra di ferro verniciata di giallo e può accadere che la sua luce riesca a scaldare anche oggi tutti allo stesso modo.
Avviene così che il 10 giugno, dopo un anno di lavoro, Daniela Mangiacavallo, giovane regista, autrice e drammaturga palermitana, mette in scena, nell’ambito del progetto “Evasione teatro legalità e cultura” con l’Associazione Baccanica, l’opera teatrale: ENIGMA23.
Il teatro come mezzo per raccontare una delle più grandi sfide che ogni essere umano affronta: la posta in gioco è la possibilità di decifrare il senso del qui e dell’adesso, operando le scelte giuste per sciogliere l’enigma e sperare di frantumare le memorie per costruirne nuove e per essere Altro.
La cosa straordinaria è che il teatro sta dentro un carcere, che gli attori sono detenuti, che il pubblico è composto oltre che da ospiti-visitatori anche da reclusi e che alla fine, come in ogni rappresentazione poetica che stimoli emozioni, l’applauso scatena una totale empatia tra tutti gli spettatori e la compagnia teatrale.
Il carcere è la Casa Circondariale di Pagliarelli. Recente manufatto costruito al limite della Circonvallazione, viale a due corsie che attraversa quasi tutta la città di Palermo. Fratello del più noto e vetusto Ucciardone, l’istituto di pena Pagliarelli è nuovo, ampio, con giardini e alberi da frutto.
Al “Pagliarelli” oggi va in scena EMIGMA 23. Ciascun attore recita la parte a piedi nudi perché – dice il narratore – i piedi sono importanti: segnano il passo, il ritmo della vita e indicano la strada da percorrere, li scorgi, li osservi e da ciò che vedi puoi capire il senso delle tue scelte. Dai piedi puoi immaginare l’essenza dell’ombra che l’uomo proietta all’esterno. Rivelano chi sei, da dove arrivi, come sei arrivato qua, come andare via da questo posto, come raggiungere la meta. I piedi, insomma, sono importanti.
Ciascuno ha una possibilità, anche quella di trasformarsi per essere Altro. Come in un rebus spetta a ogni essere umano trovare la soluzione dell’enigma e, con la chiave della comprensione, attraversare il senso delle proprie scelte, rintracciando le parole giuste, esatte, insostituibili che danno valore alla vita.
Daniela Mangiacavallo inserisce nella scena Sisifo. Il figlio di Eolo condannato a trasportare un macigno schiena piegata e nervi in tensione. Ogni volta che raggiunge la cima, il masso ridiscende giù ai piedi del monte e Sisifo ricomincia la scalata, così per l’eternità.
In ENIGMA 23 la regista converte il mitologico macigno in un pesante fagotto pieno di scarpe. Calzare ai propri piedi quelle giuste per sfuggire al proprio destino può forse consegnare alla vita un valore effettivo, accettando la sofferenza? Sì è sempre in cammino: Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare che io sia felice (Sisifo – A. Camus).
L’enigma, allora, è trovare/ritrovare gli alimenti giusti, le spezie appropriate, le esatte dosi di odori per cucinare il piatto perfetto risolvendo lo squilibrio del presente affaticato dall’isolamento e offuscato dalla polvere e dalle tenebre.
Al termine, insieme agli applausi liberatori, il luccichio sul ciglio della giovane guardia penitenziaria mi conforta.
Solo il teatro riesce qualvolta con le parole e la passione a superare i muri, anche quelli di un carcere. La libertà è dentro di noi.