Partire
Me ne sto lì seduta assente
con un cappello sulla fronte
le cose strane che mi passan per la mente.
Non ho soltanto un mostro in testa. Ne ho due o tre. Mi addormento la notte con i sopraccigli preoccupati.
Ho ricominciato a uscire la notte per andare a ballare ed è una faccenda strana perché non lo facevo da tanto.
Dicono che ho un’età.
I miei figli mi guardano con aria perplessa al mio ritorno.
Dicono, mamma sei grande ormai per certe cose, sai?
Io non so chi stabilisce questo contratto.
Non mi interessa.
L’infanzia è sacra. Essere tutti circondati d’amore era un’esperienza straordinaria.
C’è che da qualche settimana mi sono svegliata con l’urgenza di vivere.
Di esagerare.
Non ho diviso la mia vita in fasi, né mi sono obbligata a eseguire delle tappe; piuttosto ho seguito la corrente di ciò che mi andava di fare e l’ho fatto. Alla fine il quadro generale sembrava sempre quello giusto.
Quando i miei figli erano piccoli ero una brava mamma, loro lo dicono spesso.
Ho insegnato loro a cucinare, parlavamo molto, organizzavo le feste di compleanno per i loro pupazzi e preparavo le torte e tutto quanto.
L’infanzia è sacra. Essere tutti circondati dall’amore era un’esperienza straordinaria.
Non sono più bambini, ora.
Non ho futuro né presente
e vivo adesso eternamente
il mio passato è ormai per me distante.
Poi una mattina, di poco tempo, fa ho guardato bene la mia immagine allo specchio. Non l’ho fatto come ogni altro giorno, in maniera distratta. C’era questo sole che entrava dalla finestra particolarmente infido, una luce anormale. Ho avuto una panoramica che da tempo non vedevo. Non so dire esattamente cosa ho visto ma quella tizia che si è rivelata, mi sembrava una lontana parente di cui non ricordavo il nome e che non se la stava passando particolarmente bene.
Ma chi era quella donna?
Di lì a qualche giorno ho iniziato ad avere paura di ritrovarmela di nuovo davanti. Ho preferito distaccarmi dal suo sguardo triste e dalla sua aria evanescente.
Ho iniziato a dimenticare le cose da fare perché ero sempre assorta nei miei pensieri.
Non sentivo più ciò che mi veniva detto. Dormivo poco.
Non mi spreco più in queste paure. Non ho tempo.
Ho iniziato a parlare tanto. Non di cose futili, che tempo c’è oggi, cosa farai dopo la scuola, che panino vuoi che ti prepari? Ho sentito il bisogno di comunicare a loro la scoperta dello specchio. Deragliare e investirli con parole vere senza filtri né sconti. Esporre chiaramente la mia consapevolezza del tempo. Non è una cosa di tutti i giorni. Parlavo tanto e di tante cose perché avevo un’urgenza. Pensieri che venivano fuori come se si fosse rotta la diga di un fiume, trattenuto per molto tempo.
Ascoltate ragazzi, ascoltate, ho questa idea. Dovremmo andarcene insieme oggi. Andiamo al fiume come quando eravate piccoli. Mi seguite? Prendiamo un aereo? Voi lo sapete che io odio gli aerei, ma oggi lo prendo con voi, uno di quei diavoli. Non mi spreco più in queste paure. Non ho tempo. Ma almeno avete visto che è tornata la primavera? C’è il sole. Quante cose dobbiamo fare?
D’un tratto sento quella voce
e qui comincia la mia croce
vorrei scordare e ricordare
la mente mia sta per scoppiare.
Ho perso un po’ i miei algoritmi.
Non avevo più la certezza della seguente mossa che ti dà una quotidianità ben oliata.
Tra le tante cose ho detto loro che dovevamo partire.
Partire era diventato il mio pensiero fisso.
Prendiamo uno zaino perché non abbiamo più tanto tempo, ho detto ai ragazzi. Potremmo scrivere e vivere tutte le esperienze che ci siamo persi. Che ci stiamo perdendo.
Partire perché non mi muovo da un secolo.
Partire perché ho le gambe stanche e pesanti, ma non arrugginite. Voglio metterle a nuovo. Farle vibrare un’altra volta col vino bianco, la musica e i lunghi sentieri.
Venite con me perché il tempo scorre, c’è e non si ferma, ma non ci sarà per ciò che conta. Ascoltatemi. Non ci sarà. Avrete sempre impegni inutili e giornate grigie in cui dovrete fare quello che dovete. E quando sarete liberi non lo sarete davvero, ma starete a pensare alla seguente mossa perfettamente oliata della vostra vita. Ora ceno, ora mi lavo, ora dormo.
Non è tempo, non è mondo. Le foto che scattate dalla finestra. È solamente un altro tramonto e non lo state neanche a guardare con quel coso appiccicato alle mani che fa fotografie e vi inghiottisce di messaggi.
Le guarderete forse dopo e passeranno a far parte delle altre vostre cinquemila foto inutili. E non vi diranno chi siete. Sono tempo perso.
Partiamo ora. Oggi. Voglio ricordare il mio nome.
(Testo della canzone Sognando – Mina – Don Backy)