Solo tè
Peccato! È solo tè.
Lo spirito è massa eterea inafferrabile, una condizione oggettiva d’incorporea instabilità. Lo senti, lo respiri, lo avvicini e allontani senza per questo sentirlo come se fosse tuo. Così la tazza di tè che Sara sul mio tavolo tra poco adagerà con il suo solito sorriso sensuale e malizioso, più che l’offerta di una bevanda, sembrerà una proposta di chissà quale promessa erotica per stabilire una conciliazione tra cose dissimili.
Sara ed io. Mah!
Solo tè.
Mi sembra che tutto sia a posto. Se adesso sarò in grado di reggere il confronto con lei le cose potrebbero davvero cambiare.
Il tavolo, al lato del balcone da dove adesso la guardo allontanarsi, è soltanto una scrivania a dondolo piena di stracci arrotolati di carta, misere prove di scrittura automatica.
“Skdjeierdo dps aldjdie mjdisse senza alcun mistero cose da dire senza tessere il paccodellagirgnaff…”
Il Dottore non veste il camice bianco, gli donerebbe l’azzurro, senza dubbio (lo sa anche lui visto che il maglione che indossa è di quel colore).
– Carissimo, la storia che vuole raccontare la deve scrivere prima di pensarla, solo così la cura potrà avere effetto.
– Quale effetto?
– Guarire dalle sue ossessioni.
– Perché pensa che io abbia delle ossessioni?
– Ho letto quello che scrive. Scrivere rende liberi e lei vuole essere libero, ma per fare questo lei cerca uno stato di sottomissione verso qualcuno o qualcosa. Per noi medici questo è un modo malato di chiedere aiuto. Non sarà mai uno scrittore di successo, ma almeno sarà un cittadino che ha provato ad accettare anche una sberla sul collo.
– Quindi?
– Quindi, deve imparare a liberarsi di tutto e scegliere un obiettivo pieno di rischi.
– Cioè io dovrei andare a piedi nel deserto…
– Appunto, un gesto unico e irripetibile.
– Mi sembra proprio una scemenza.
Solo del tè.
Sara è la sua infermiera bambina, obbediente esecutrice del programma d’accoglienza e sta da parte in attesa di un ordine. Basta uno sguardo del dottore ed è pronta: si solleva dai suoi tacchi dodici, gambe selvagge scoperte fin sopra il ginocchio e si dirige verso la finestra per silenziare i rumori che vengono dalla strada.
Sara prepara sempre il tè alle 17.10 min.
Dal balcone zittito, non arriva rumore, solo il suono di una musica jazz; qualcuno che con la tromba improvvisa Almost blue.
– Riprovi a scrivere, coraggio! Non la guardo, anzi esco per dieci minuti. Vi lascio soli.
“Pezzdicavomaledettostron… zchenonfi. gliodtbut …tacaznientchef …areschifosomaiale… hosolovogliadi…”
– Posso avere due zollette di zucchero nel tè, sciolte da lei, signorina Sara?
FIN