Ti amo-ti amo.
Ti amo-ti
amo
ti amo-ti
amo….
Le note di una famosa canzone escono da un portone aperto sulla strada e salgono fino alla mia finestra, aperta ai primi tepori di una primavera riottosa.
È subito dejavu.
Non ho ancora quattordici anni e sto già piangendo per la prima delusione amorosa della mia vita. Sto scappando verso casa disperata e da un portone mi arrivano i versi di quello che diventerà negli anni un successo musicale planetario.
Ti amo, urla a perdifiato Umberto Tozzi in un crescendo esplosivo e armonioso.
Ti amo, penso io mentre i singhiozzi mi esplodono dentro e le lacrime formano un fiume in piena.
Ti amo come si può amare a tredici anni il primo ragazzo della tua vita.
Ti amo perché mi hai scelto in mezzo a tante, e poco male se sono stata un ripiego, perché in realtà volevi la mia amica che ti ha risposto picche.
Ti amo perché mi hai insegnato a baciare e giuro che è stata la cosa più bella che mi sia capitata in questi pochi anni di vita. E pazienza se non ci siamo scambiati neanche una parola nel breve tempo che siamo stati insieme: erano solo baci, baci e nessun dialogo. Tanto che mi chiedevo se amare volesse dire solo questo: baciare e basta. Per quanto piacevole… eddai, ma te lo immagini una vita di soli baci? Però eri bravo, te lo concedo.
Ti amo per l’insicurezza che mi hai dato per la prima volta in vita mia quando mi chiedevo: ma davvero gli piace baciarmi? Possibile?
Ti amo per il batticuore che mi assaliva ogni volta che passeggiavamo insieme. E non perché eri tu, ma perché avevo paura di essere vista da qualcuno. Io prima o poi ti avrei anche portato a casa a conoscere i miei, è così che fanno i fidanzati, no? Quasi tutte le mie amiche hanno il ragazzo e sono fidanzate “in casa”, perché se no le chiamano poco di buono; chi il ragazzo non ce l’ha, come me prima di te, è solo una sfigata.
Ti amo
un soldo-ti
amo
in aria-ti
amo
se viene testa vuol dire che basta lasciamoci-ti
amo.
E come si fa a non disperarsi a queste parole, che accompagnano la mia fuga tragica dopo i terribili istanti che sono seguiti alla verità che mi hai confessato?
Hai buttato in aria la monetina ed è venuto testa.
Hai buttato in aria la monetina ed è venuto testa.
Lasciamoci.
“Non ti amo, voglio la mia libertà ora che devo partire per la naja”.
La naja?! Mi avevi detto di avere sedici anni, invece ne hai venti. Quelle poche parole che mi hai detto quando non mi baciavi erano tutte bugie. Eppure non sapevo che ti sentissi così legato a me, nonostante le bugie e i silenzi, da reclamare ora la libertà. Forse ti sentivi in obbligo perché non facevi che baciarmi? Pensavi di avermi compromesso, io minorenne, tu maggiorenne e bugiardo?
Ti amo-ti
amo
e chiedo per-dono
Macché perdono, non ti scusi nemmeno… Pensare che in fondo c’eravamo anche conosciuti con questa canzone, a una di quelle festicciole fatte in casa fra adolescenti dove si ballano i lenti, guancia a guancia, stretti stretti. E ora mi lasciavi, appena venti giorni dopo, sulle stesse note. Come potevo non piangere con il cuore gonfio di dolore? Era una coincidenza che la voce acuta e inconfondibile di Tozzi segnasse inizio e fine del mio primo fidanzamento?
Ti amo.
Non me lo hai mai detto. Nemmeno io te l’ho detto. Aspettavo che cominciassi tu.
In quei giorni mi ero chiesta se fosse amore. Come al solito cercavo di razionalizzare l’emozione. Anche se inesperta non sono mai stata deficiente: qualcosa non funzionava, ovvio.
Davvero era amore?
Ancora pochi metri e sono finalmente a casa, sempre con quelle magiche note nelle orecchie e nel cuore. Ma con gli occhi ormai asciutti.
No, non ti amo.
Sei stato uno qualsiasi, uno che mi ha regalato il mio primo, fantastico bacio e tanti altri tutti bellissimi, seducenti, in grado di farmi sentire grande, di farmi anelare a qualcosa che ancora non sapevo bene. Ma non ti amo. Non ti ho amato.
Mi sono innamorata dell’amore. Caro Umberto Tozzi, mi hai fatto credere che un ragazzo (un uomo) potesse dirmi “ti amo”, e io ho aspettato, ma non lo ha fatto. E anche se tu me le ripeti fino allo sfinimento, nel breve tempo che ho impiegato per tornare a casa, le tue parole ora fanno un po’ meno male.
Ho tredici anni e conoscerò l’amore, quello vero, prima o poi. E allora mi ricorderò di te, che l’amore lo cantavi mentre io lo perdevo.
“Ti amo” di Umberto Tozzi festeggia i suoi primi 40 anni, la si sente ancora alla radio, tutti la conoscono e la cantano. Oggi arriva al mio cuore, prima che alle orecchie, da un portone aperto. Canto anche io a squarciagola, la so a memoria, me la ricordo, mentre coccolo la ragazzina di ieri che diventava grande a suon di musica e baci. Quanta strada hai fatto piccolina, quante esperienze hai vissuto. E se sei quello che sei, una piccola parte di merito va perfino a quello scriteriato ragazzo bugiardo che sapeva baciare così bene da farti immaginare paradisi sconosciuti.
Non vi amavate, voi due, ma per favore, non ditelo a Umberto Tozzi.