David Bowie – Life on Mars?
Una volta mi è stato fatto notare che quando ascolto un pezzo bado molto più alla musica che al testo. Effettivamente, ci sono molte canzoni che mi piacciono il cui testo non l’ho mai neanche letto (ovviamente parlo di quelle non in lingua italiana) e tante altre in cui lo considero irrilevante. Per spiegarmi il motivo di tale mancanza mi sono detto che probabilmente sarà perché penso che se uno sceglie di fare canzoni, invece di scrivere poesie o di dipingere, è perché ha scelto la musica come mezzo comunicativo, e oltretutto essendo la musica anche la mia passione sono più sensibile a quella che al resto. Tuttavia una canzone è pur sempre una canzone, e per definizione, le canzoni sono fatte di musica e testo. Anzi, alcune hanno dei testi talmente belli da rendere la musica solo un accompagnamento marginale, così come anche il contrario ovviamente.
Detto ciò, ascoltando questa Life on Mars? di David Bowie mi sono fatto una semplice domanda: cosa diavolo vuol dire il testo? Ammetto di non averne capito propriamente il senso leggendolo, ma non mi sono dato per vinto e ho deciso di fare un po’ di ricerche. Con un po’ di ricerche intendo dire che sono andato sulla pagina di Wikipedia dedicata alla canzone e ho trovato la risposta che cercavo in un paio di dichiarazioni di Bowie del 1971 e del 1996, nelle quali racconta che la canzone parlerebbe della “reazione di una ragazza sensibile al mondo dei media “, “Penso che si senta tradita, che sia delusa dalla realtà. Penso che, pur vivendo una realtà deprimente, sia convinta che in un luogo imprecisato c’è una vita che vale la pena di vivere e che sia amaramente insoddisfatta per il fatto di non avervi accesso… suppongo che adesso mi farebbe pena, all’epoca provavo una sorta di empatia con lei“.
Non so voi, ma a me la storia della pena e dell’empatia mi ha fatto riflettere. Penso che l’empatia non sia difficile da spiegare, se almeno una volta ci si è sentiti come un pesce fuor d’acqua in questo mondo e in questa vita, desiderandone una diversa, in un posto più bello, con persone migliori e maggiori opportunità, o semplicemente in una società più umana. Le motivazioni sono personali e possono essere tante. Ma la pena, invece? In un certo senso è come se Bowie, dopo aver condiviso questo stato d’animo, avesse trovato la sua via/vita su Marte e guardando da lì la ragazza si rendesse conto, malinconicamente, che la sua ricerca è tanto affannosa quanto vana. Forse la sua bussola è guasta, forse è una stupida sognatrice che non sa accettare la realtà, forse fa solo i capricci o sta semplicemente crescendo.
Io penso però che Bowie abbia capito una cosa, nel corso della sua vita: la vita su Marte c’è. C’è davvero una vita che vale la pena essere vissuta, ma quel luogo imprecisato a cui la ragazza ha dato il nome del pianeta rosso è prima di tutto dentro se stessi. Potrai vagare all’infinito e non trovarlo mai, potrai equipaggiarti dei più potenti motori a propulsione, pronto per il lancio verso la vita vera, ma non arriverai da nessuna parte. Se invece scoprirai Marte dentro di te, stranamente ti guarderai attorno e ti renderai conto che anche se la realtà sembra essere la stessa ora ti fa un effetto diverso. Tante piccole cose che sono sempre state attorno a te e di cui non ti sei mai accorto ora le vedi, e ti verrebbe quasi voglia di scusarti. E certo, anche su Marte si fa la guerra. Ma si fa anche la pace e si fa anche l’amore.
Ha senso, sembra. Ma io non lo so, è un pensiero questo, un gioco d’immaginazione. Forse sto solo sognando come quella ragazza. Nel dubbio, però, penso che continuerò a cercare di prendermi cura al meglio della mia navicella. E speriamo di vederci tutti su Marte.