E lei dove va?
“…E lei dove va, signora?”. “A Belgamo” risponde la vecchia, la borsa sul sedile e lei china a sistemare alla bell’e meglio un numero imprecisato di boccacci di vetro zeppi di sott’oli. “Giovanotto lo sistemate voi lì sopra, che siete bello forte?”, chiede a un militare che lasciava fumare la sigaretta al vento tenendola dalla fessura del finestrino. “Certo signora”, risponde affabile e pensieroso, e con una sola mano libra cinquanta e passa chili dei sott’oli della vecchia, e li ripone lieve in alto, sulle graticole inclinate a favore di gravità. “Vado a trovare mio figlio Mattia, lui lavora al Norte”, continua la vecchia puntando il dito in alto, a indicare un Nord per lei troppo lontano.
Vi pare che una bella ragazza come a voi non la aspetta nessuno?
<Biglietti!>
irrompe una voce baritonale e possente.
<Biglietti!>
ripete, severa e risoluta come quella del giudice che condanna alla forca. Si avvicina un controllore minuscolo, magro e tanto piccolo da sembrare un tredicenne, al quale si direbbe che qualche scienziato pazzo abbia trapiantato la voce. Con fare circospetto tutti gli porgono i biglietti, che lui punzona senza verifica apparente. Lui chi fa il furbo lo riconosce dagli occhi e dall’odore, non gli serve leggere partenza e destinazione.
“Si-si-si-gnora pe-pe-perché non avete ti-timbrato?”, chiede balbettando e precipitando così in cuor di tutti dalla costruzione mentale che ciascuno si era fatto di lui, sulla scorta dell’impeto fragoroso della sua voce. È chiaro che <Biglietti!> è la sola cosa che sappia dire senza balbettare, e che quel tono così ardito era frutto di anni di prove e di duro lavoro.
“Non funzionava la macchinetta signore bello… e lo vedete, sono carica di borse”, dice la vecchia, indicando sorniona la borsa coi boccacci, ultima delle sette che s’era portata appresso contando per il loro trasporto sulla solidarietà umana. E trattenendo con sforzo titanico le risate di scherno per la balbuzie del controllore.
Filippo vieni, sta ‘nu nir senza documenti, vieni qui che è più urgente!
“E voi poi dopo pure a voi che è vietato fumare!”, dice il controllore in evidente difficoltà, e senza balbettare. “E che vi ho fatto io?”, sorride il soldato. “Comunque dai, fatela a me, basta che non la fate alla signora”.
“Filippo vieni, sta ‘nu nir senza documenti, vieni qui che è più urgente!”, s’affaccia il collega dal divisore tra i due vagoni, con l’evidente aria di superiorità di chi si rivolge all’amico scemo. “A-a-arrivo! Con v-v-voi ci vediamo dopo”, promette il controllore, e raggiunge svelto il collega.
“Certo che li pigliano proprio tutti oramai”, sortisce la vecchia. “Non potevano pigliare a Mattia, invece che ‘a chist ca cacaglia?”.
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Va verso la stazione lentamente, non guarda neppure davanti a sé, cammina così come un autonoma. Una licenza di sette giorni e cento domande a cui non sa darsi risposta.
Perché lo ha fatto? Non poteva aspettare almeno il tempo di sedersi faccia a faccia nel loro bar preferito, quello dove sei anni prima le aveva detto di amarla? Quanto ci aveva messo prima di trovare il coraggio. Amici da sempre ma lei non lo vedeva proprio, forse per quel piccolo difetto, quel piccolo maledetto difetto che a scuola lo aveva reso succubo dei compagni. Eppure sembrava superato, l’amore la dolcezza il sesso: tutto andava alla grande fra loro due.
Parti? Sì ma per poco tempo stai tranquilla io poi prendo i giorni di licenza e vengo da te, mica è difficile, che sarà un po’ di lontananza dopo tanti anni insieme. Ti scrivo, tutti i giorni? Sì, il cellulare sul cuscino, ogni notte, ti aspetto anche tutta la notte. Così ci sentiamo sempre vicini. Io e te.
Che hai fatto? Cosa ho fatto? Nella testa una musica che mi fa diventar matto. Baglioni lo ascoltava sua madre da mattina a sera che lagna le diceva, lascia stare che tu dell’amore vero non ne sai niente.
E chissà quale scusa hai trovato tu. Ma che cosa è cambiato Ma dov’è che hai buttato il mio amore…
Il soldato sale sul treno, quanta gente, la vecchia blatera qualcosa, non si può non essere gentili, lui lo sa, anche se vorrebbe solo aprire il finestrino e fumare in santa pace. La cenere scivola via sull’aria e lui vorrebbe andarsene con lei, via, lontano dalle voci, dallo scompartimento, dagli occhi neri come olive della ragazza di fronte che gli ricorda il suo amore.
Parla poco il militare, si è sempre vergognato della sua erre moscia
Il soldato si sente preso in una vertigine, non guarda in faccia nessuno tanto meno sua madre che lo aspetta da mesi.
Ciao soldato!
Sulla porta mia madre felice,
Mi ha già salutato,
Non le ho neanche chiesto stai bene?
Davanti le sono passato.
Sette giorni di merda questa licenza dai suoi, lei se n’è andata con un altro, e non è nemmeno un italiano, è un nero. Non si sa spiegare il motivo lui, voleva solo farla felice, come gli hanno insegnato che dovrebbe essere l’amore, come cantava sua madre. Ora li odia tutti ‘sti neri che girano per la città, meglio lavorare, meglio pensare alla guerra, lui sarebbe pronto per farla. Lui è un soldato dentro. Li vorrebbe vedere morti, tutti morti, mentre il controllore si volta e va a beccare uno senza biglietto.
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