Tu non sai ancora cos’è l’amore
L’acqua è limpida. Solo qua e là, a volte, è sporca di sapone. E sotto il suo velo trasparente si cela la linea morbida di un corpo ricoperto dalla pelle baciata dal sole.
Ma non c’è un modo per svestire la mente dai ricordi.
Quelli rimangono tuoi per sempre.
Grumi di schiuma sfiorano i seni di lei, e le sue ginocchia toccano aria fresca sormontando montagne di piccole e bianche bollicine.
Il cuore batte veloce creando minuscole vibrazioni che si spargono veloci sul pelo dell’acqua.
La luce è soffusa, e intorno a quel corpo qualche candela lascia andare il suo profumo, un odore denso che presto si attacca alle ampie tende color panna.
Un calice ampio contiene nella sua anima trasparente un cuore di vino rosso, in controluce alla fiamma della candela emette l’unica luce calda di quell’ambiente.
Lei alza gli occhi al soffitto, sbuffa leggermente dal naso e il petto fa un leggero sussulto allontanando nuovamente schiuma e acqua dal proprio corpo.
Il soffitto è bianco.
Troppo bianco per una casa così vecchia.
Sembra che qualcuno l’abbia ridipinta da poco.
Isadora si chiede chi potrebbe averlo fatto, di certo non suo padre.
Dopo la morte di sua madre, quella casa era rimasta uguale a come l’aveva lasciata lei quando se ne andò di casa.
Eppure il muro è bianco. Così bianco. E la casa così vecchia.
Ora quella casa così vecchia è sua, ma che senso ha senza i suoi genitori?
Infastidita dai troppi ricordi, comincia a scrutare il proprio corpo.
L’acqua inizia a raffreddarsi e sui suoi capezzoli piccole grinze compaiono per il cambiamento dal caldo al freddo.
Si passa le mani intorno alla schiena, cingendosi da sola in un abbraccio che spera possa consolarla, ma gli occhi cercano la memoria. E lo sguardo va verso le tende.
Ricorda che da piccola si avvolgeva intorno ad esse, sognava di essere una sposa che indossava l’abito bianco per andare all’altare.
Poi sua madre entrava nel bagno e prima ancora che potesse dire di sì al suo amato, lui l’aveva già portata via da quel matrimonio, da quel sogno.
“Isadora, sei ancora così piccola. Tu non sai ancora cos’è l’amore.”
“Mamma?”
“Sì, Isadora.”
“Tu ami papà?”
“Non posso risponderti.”
“Perché mamma?” Perché quello che ha ora nel cuore, sente che no, non è più amore.
“Perché tu non sai ancora cos’è l’amore”.
E lei, bambina avvolta in quelle tende bianche, sposa di chissà quale sogno, sarebbe rimasta senza risposta ancora per molto tempo.
Almeno finché sua madre non fosse morta, e suo padre non avesse rifiutato ogni segno di vita senza avere sua moglie accanto.
I brividi percorrono la schiena di Isadora e i suoi occhi smettono di fissare le tende bianche.
Lei apre il getto d’acqua calda e se ne fa scivolare un po’ sulla schiena, con riflesso veloce butta la testa sott’acqua.
Ciocche bionde danzano morbide nel liquido trasparente sporco di sapone, andando a sbattere, qualche volta, sul corpo della loro proprietaria.
Isadora butta giù l’ultimo goccio di vino tutto d’un fiato, il Chianti toglie via dalla pelle nuovi brividi, acerbi e piccolissimi.
Il bicchiere è vuoto, e nel suo pieno splendore trasparente risulta solamente freddo.
La testa di Isadora finisce di nuovo sott’acqua.
Per un po’ di secondi.
Sfidando la morte, e mettendo alla prova la sua scorta di fiato.
Poi stremata torna nell’aria malinconica del suo bagno.
Il respiro è affannato, e i seni gonfi e prosperosi si muovono all’impazzata sotto di lei lottando come due pugili sul ring con il mare artificiale in cui sono immersi per metà della loro carne.
Uno spicchio di luna filtra tra l’apertura delle due tende bianche, guardando quella luce Isadora si chiede se almeno oggi, lei sa cosa sia l’amore.
Perché quello che ha ora nel cuore, sente che no, non è più amore.
Lui è sotto la doccia.
E Fabrizio sente che, effettivamente, non sa ancora cos’è l’amore.
Gocce d’acqua scendono sul suo corpo alto e magro e le ciocche dei suoi scuri capelli vengono colpite da un getto d’acqua decisamente caldo.
Il suo respiro è corto, come se stesse lottando con qualcosa più forte di lui.
La radio è accesa su una stazione a caso, ma per lui la musica non hai più lo stesso significato di prima.
Cantanti più o meno conosciuti fanno uscire la propria voce mentre Fabrizio è dentro il rumore dell’acqua che scende pesante sul suo corpo.
Guarda le sue mani e le sue braccia, e le vede tremare, e vorrebbe fermarle, ma non sa come.
Lentamente si lascia scivolare contro il muro azzurro della doccia, le piastrelle lucide e scivolose si scontrano con la sua pelle mentre la testa di lui, disperata e piena di pensieri, sbatte qualche colpo contro il muro per fermare qualcosa che comunque non potrà cessare di far male.
Sa che quella radio è accesa solo per contrastare il silenzio che anima casa sua senza ormai la presenza di suo fratello.
Si sente male nel pensare che se suo fratello fosse ancora vivo, probabilmente sarebbe già entrato molte volte a disturbarlo mentre lui è a fare la doccia.
“Ci suoniamo qualcosa, stasera?”
La voce di suo fratello sembra ancora così viva. Così reale.
“Roberto, tu non bussi mai?”
“Casa mia quanto tua.”
“Quante hai già bevuto?”
“Poco.”
“Non ti credo.” La musica non ha più lo stesso significato di prima.
“Problema tuo.”
“Non puoi continuare così. Solo perché a qualche discografico non piace la tua musica.”
“Tu parli così solo perché hai smesso di vivere per la musica molto tempo fa.”
“Sono cresciuto nel frattempo.”
“Eppure non vivi.”
“Tu cosa ne sai?”
“Tu giudichi soltanto. Non provi mai a capire come sto, a capire che io, senza musica, non vivo.”
“Ti sbagli, è senza un lavoro che non si vive.”
“Pensala come vuoi.”
Poi la porta sbatte facendo scomparire Roberto dietro di essa e Fabrizio rimane sotto la doccia. Senza sapere che quella sarebbe stata la sua ultima discussione con il fratello prima della sua morte.
Ora Fabrizio è di nuovo sotto quella doccia.
E quelle parole risuonano cariche di dolore dentro la sua mente.
Forse se solo avesse provato a capirlo di più, oggi Roberto sarebbe ancora qui.
Chiude l’acqua di colpo, stanco di avere la pelle bagnata, e nell’uscire dalla doccia spegne anche la radio.
La musica non ha più lo stesso significato di prima.
Si sfrega con un asciugamano bianco i capelli scuri e mori e capisce che per quella sera non può restare solo.
Si strofina tutto il corpo energicamente con la mente che vaga ancora nel dolore.
Suo fratello prima di sbattere la porta gli ha detto ancora un’ultima frase.
“Fabrizio, tu non sai ancora cos’è l’amore.”
Poi Roberto sarebbe morto.
E Fabrizio sente che, effettivamente, non sa ancora cos’è l’amore.
Stasera non può proprio restare solo.
Allora alza la cornetta del telefono di casa lì vicino a lui.
“Pronto?”
“Sono io. Che fai?”
“Sono nella vasca da bagno. E tu?”
“Sono appena uscito dalla doccia. Vedo che non hai perso l’abitudine di tenere un telefono fisso anche in bagno.”
Lei sorride, forse spensierata, forse sollevata.
“Nemmeno tu l’hai persa. Come stai?”
Lui sorride, forse spensierato, forse sollevato.
“Hai una domanda di riserva?”
“Non ne ho nemmeno per me stessa.”
Lei si alza dall’acqua in cui è immersa e ora i suoi seni tornano a sfiorare l’aria intorno a sé, raggrinzendosi di nuovo dal freddo.
“Ho bisogno di uscire. Mi accompagni?”
Lui si strofina violentemente i capelli per scacciare definitivamente i pensieri.
“Dove?”
“Ancora non lo so.”
“Dammi il tempo di rivestirmi. Chi attraversa la strada, tu o io?”
Lui si rimette al polso il suo orologio di pelle nera e nel frattempo guarda l’ora.
“Io. Fra una mezz’ora arrivo a casa tua.”
“A dopo Fabrizio.”
“A dopo Isadora.” “Tu non sai ancora cos’è l’amore.”
Le cornette si riagganciano contemporaneamente.
Entrambi cominciano a rivestire i propri corpi ancora leggermente freschi e bagnati di acqua.
Ma non c’è un modo per svestire la mente dai ricordi.
Quelli rimangono tuoi per sempre.
E una frase continua a tormentare entrambi.
“Tu non sai ancora cos’è l’amore.”
E mentre Isadora e Fabrizio aspettano di vedersi, entrambi si chiedono quando mai avrebbero saputo cos’è l’amore.
Perché fino ad ora, l’unica cosa che sapevano com’era, era la morte.