Al Mirai il sushi si racconta
C’è a Napoli un posto diverso da tutti gli altri posti. È il Mirai sushi bar e restaurant. Perché è diverso? Perché si tratta di un luogo magico, unico, ricco di aspettative e risorse. Nel cuore del Vomero, al civico 51a di via Merliani c’è, come mi accingevo a raccontarvi poc’anzi, una perla rara per chi, come me, è sushi addicted. Quando si tratta di pesce crudo e piatti particolari distanti dalla nostra cultura gastronomica mi si drizzano subito le antenne a causa del mio studio in tecnologie alimentari. La formazione universitaria che ho avuto infatti mi porta a notare subito alcuni piccoli e fondamentali particolari. Primo: il locale non ha la minima traccia di odore di pesce. Ecco, già da ciò si capisce la qualità della materia prima. Un ristorante di pesce non deve in alcun modo avere un odore forte, persistente. Secondo. La pulizia. Bicchieri, calici, pavimenti e quant’altro brillano di luce propria nonostante gli arredi e le luci siano abbastanza scuri e grezzi.
Terzo. L’arredamento non convenzionale, un misto tra giappo e industrial style conferiscono a questo locale una nota di merito ulteriore. La bellezza dei quadri e delle lampade che fanno ipotizzare un recupero ben studiato, le piastrelle e i tavoli alti di design urban ben si mescolano a quelli che sono gli elementi classici dello stile nipponico. Quarto. Il cibo. Ora lo metto al quarto posto non perché sia meno pregevole ma perché l’assaggio è giunto soltanto dopo l’inebriamento degli occhi.
Più di quindici portate ho avuto modo di assaggiare e tutte e con tutte intendo dire proprio tutte, con un carattere proprio. Nessuna di esse somigliava alla precedente. Perché la difficoltà che si riscontra frequentando i sushi bar è quella di fare una miscellanea di sapori senza però riuscire a distinguere il tonno dal salmone, l’avocado dal cetriolo. Ogni roll, ogni nigiri, ogni tempura meritava un assaggio lento e fatto con cura solo in questo modo il sapore esplodeva in bocca in tutta la sua meraviglia. Gusti decisi ma mai prepotenti, nessuna prevaricazione ma tanto equilibrio, anche se come da menù le portate sono contrassegnate in base alla “gradazione di pesce”. Eccezionale la carrellata dei vini, biologigici e vegan, perfetti, pertinenti, suadenti e fin troppo amabili, sono stati la ciliegina sulla torta di una degustazione favolosa.
Il Mirai sushi restaurant ha aperto all’inizio di febbraio, i proprietari sono due giovani, Giancarlo Alfieri e Gianluca Avino, che hanno pensato di rendere al quartiere e alla città qualcosa in più dell’offerta comune che si trova in tutti gli altri ristoranti di tal genere dove un sushi vale l’altro, basta che ne si possa mangiare fino a stare male. La loro formula all you can eat infatti è stata rivalutata e potenziata per garantire una offerta di qualità eccellente. Il menu del locale è stato basato sul concetto di “raccontare il sushi” in modo da guidare i clienti nella scelta del proprio percorso-degustazione in funzione all’intensità dei piatti. Il tutto è stato possibile anche grazie a Filippo Maietta consulente prezioso che con maestria e conoscenza del genere offerto diventa un essenziale anello di congiunzione tra pubblico e dietro le quinte. Splendido lo showcooking del Mestro Taketomi Minakami sushiman di Osaka, coadiuvato da Aromides Rodrigues, venezuelano, e Damith Bernard Wedikkara, sri lankese.
Prezzo adeguatissimo per una cena da sogno. Consigliato vivamente. Da non perdere i gamberi con tempura di arachidi, i roll con l’anguilla e di certo l’astice.
Qui info e prenotazioni.