Vespri
Oh Tu Palermo, stupor mundi…
“Oh! Se Sant‘Agata fosse in Francia…” lamentava Giuseppina Stepponi, sapendo che Verdi avrebbe dovuto soggiornare a Parigi per seguire le prove della sua “grand opera”, I Vespri Siciliani, e sapeva anche, quanto questo pesasse al compositore che amava la sua terra e le sue abitudini. Verdi ricevette la sua prima commissione dall’Opèra di Parigi per la composizione di una nuova opera in occasione del festeggiamento della Grande Mostra della città nel 1855.
Una volta accordatosi sul soggetto, Verdi fu consapevole del fatto che il compito non sarebbe stato facile, poiché il gusto operistico francese era dominato da Meyerbeer e Halevy, con masse corali ed emozionanti effetti drammatici. Sin dall’inizio del suo lavoro, Verdi si preoccupò delle usanze siciliane per una festa matrimoniale nella chiesa di Santa Rosalia. Il risultato di queste ricerche fu una delle scene di maggiore effetto dell’opera: l’allegra tarantella viene interrotta dai soldati che conducono via le donne mentre gli uomini sfogano la loro rabbia.
Opera risorgimentale nel senso patriottico del termine sottoposta a censura anche per il titolo che per un periodo fu sostituito con “Giovanna de Guzman” e che tornò al suo originale titolo, I Vespri siciliani, solo dopo l’Unità d’Italia.
Ispirata alla rivolta scoppiata a Palermo all’ora dei vespri di Lunedì dell’Angelo del 1282, viene considerata opera siciliana, come la Cavalleria rusticana per l’ambientazione. Di particolare fascino è la romanza del basso, un vero inno per i palermitani anche ai giorni nostri; Sulla spiaggia vicino a Palermo, Giovanni da Procida torna in segreto dall’esilio per riprendere il comando dei patrioti siciliani. Dopo aver salutato la sua terra con una famosa aria egli esorta nella cabaletta i suoi sostenitori a liberare il loro paese.
O tu Palermo, terra adorata,
de’ miei verdi anni-riso d’amor,
Alza la fronte tanto oltraggiata
Il tuo ripiglia primier splendor!
Palermo città dai mille volti: oppressa dalla malavita ma anche deturpata e poi tanto amata anche dai suoi abitanti, ha vissuto periodi di splendore e di storia le cui testimonianze restano nei suoi monumenti, coacervo di dominazioni o forse solo di sovrapposizioni di culture e popoli.
Palermo che nei secoli è stata oltraggiata ma che ha saputo risorgere dalle sue macerie come per incanto e forse senza l’intervento del suo popolo che si adatta e quasi subisce gli eventi.
Palermo, terra adorata da Federico II: l’imperatore che stupì il mondo per la magnificenza della sua corte, per la tolleranza nei confronti degli ebrei e musulmani, per la concezione organizzativa e amministrativa dello stato, per la sfida all’autorità papale, per il coraggio, per la cultura.
Palermo magnifica della Belle èpoque, Palermo della famiglia Florio, Palermo dell’UNESCO e del mondo ma poco dei palermitani.
Palermo come una donna, che può essere solo amata malgrado tutto.
Il cui canto d’amore, composto da Giuseppe Verdi nel 1855, è stato affidato alla voce del basso; il timbro del Sacerdote, del re.