Io c’ero allo stadio
Dici che poi te la danno? Sì che me la danno, ho lavorato una vita dove gli altri si erano divertiti, ho fatto sempre il mio dovere per benino. Mai uno sciopero né una malattia in quarant’anni di lavoro io mica sono come sti ragazzetti qua. Assenze su assenze loro, vogliamo questo e vogliamo quello poi hanno tutti sta roba tecnologica fra le mani.
Enzù ma allora sono gli ultimi giorni eh? Sì a fine mese in pensione.
Le mani da qualche mese hanno cominciato a tremare, il dottore della mutua dice che non è nulla di grave ma sua moglie Lina è preoccupata. Gli cadono le cose da mano e non riesce a far scattare l’accendino per la sigaretta, anche se dovrebbe smettere e lui lo sa. Nella borsa a tracolla ha ancora metà della colazione preparata da Lina, gliela fa sempre troppo grossa, dice poi ti viene fame e và a finire che ti magni le schifezze, invece uno sfilatino bello bello con la frittata ti mantiene in forze tutta la giornata di lavoro. Pure oggi ha trovato il tempo anche se Mimì è partito ieri tutto felice per Dortmund per la trasferta. Il loro figlio unico, diventato capo ultras.
E sali e scendi dalle gradinate, e prendi il bidone e alza quella plastica che si è incollata per terra. Guarda il campo di erba verde rasata come la sua barba quando era giovane.
Quante partite si è fatto lì in curva, restava senza voce poi per tre giorni, Gigi non c’è più e Franco dopo che ha perso il lavoro se ne sta chiuso in casa senza parlare con anima viva: si mette vergogna dice. Enzù piglia la scopa e la paletta e conta i gradini, ce ne sono ancora troppi. Che succederà mai se mi siedo a fumare una cicca? Guarda lì fra i ciuffi verdi è spuntata una margherita: sarà la primavera.
Sette ore prima aprirono i cancelli. Io e lei ci baciammo in curva per sei ore forse, le labbra sapevano di miele e di caffè.
Angela, Angie Angie, non piangere, tutti i tuoi baci hanno ancora un sapore dolce odio vedere la tristezza nei tuoi occhi Ma Angie, Angie, non è il momento di dirsi addio… Io c’ero al concerto dei Rolling Stones, qui allo stadio a Napoli. Sono stanchissimo.
Oh, Angie, don’t you wish Oh your kisses still taste sweet I hate that sadness in your eyes
But Angie Angie Ain’t it time we said goodbye.
Enzù, Enzù rispondimi, che è stato? Che hai? Pronto 118? Correte un uomo anziano sta male, allo stadio.
fm
È pronto lo striscione?
Sì Mimì è tutto pronto vai tranquillo.
Allora quando entrano facciamo prima silenzio per protesta.
La prossima volta vediamo se il Presidente si permette ancora di trattarci così. Poi srotoliamo e poi al segnale la facciamo cadere questa curva!
Non siamo venuti a Dortmund per giocare. Sedici ore di auto. Ho raggiunto la mia squadra ovunque in Europa. Perché la fede è la fede. E ogni volta che posso vado a Tor di Colle a vedere gli allenamenti, e quando rientrano dalle trasferte che non ho potuto seguire sono sempre il primo ad accogliere i ragazzi all’aeroporto. Perché loro devono sapere che ci siamo e ci saremo sempre. È la filosofia ultras. E il capo ultras sono io.
I nostri fischi non ti lasceranno mai. Li sentirai pure di notte.
Qui a Dortmund non sarà facile. La nebbia penetra dappertutto. Nell’assembramento il freddo punge meno, siamo sudati sotto le calzamaglie di lana. Il cuore batte forte. L’emozione del pregara. Prepariamo i fumogeni rimasti superstiti. La polizia tedesca è molto puntigliosa ma qualcosa passa sempre. Al massimo l’assembliamo stesso qui nella curva. Alcuni portano carta, alcuni miccia, altri ancora la polvere. Gigino farà il resto. Dategli acqua e sabbia, e lui ti fa una bomba potentissima. Negli anni ’80 fece un cratere su un gradone, sono trent’anni che non si parla d’altro.
Pure gli sbirri ci rispettano, noi non cerchiamo gli scontri e li guardiamo a viso aperto.
Tutto è pronto per il calcio d’inizio. L’arbitro sta per fischiare. Al mio tre. Uno. Due. Tre. Un boato che sembra un ruggito folle di mille leoni impazziti invade gli spalti tedeschi, taglia la nebbia e investe i nostri e gli avversari. L’arbitro ha fischiato ma si è sentito appena. Inizia la partita. È la mia prima trasferta internazionale da capo ultras.
Subito un’azione da calcio spettacolo. Giardinetti s’infila sulla destra, libera Capuzzi, tiro da fuori, traversa, rimpallo su Donizetti, che insacca facile. Terzo minuto. Siamo a Dortmund, sono il capo ultras e al terzo minuto siamo in vantaggio. La gioia è incontenibile.
Driiiiiiin.
Mammà che c’è? È iniziata la partita mo mo!
Mimì devi tornare. Subito devi tornare. Papà sta male, l’hanno ricoverato in ospedale.
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