La voce nel cuore
Succede che il proprio padre sia stato compagno d’armi del più grande baritono degli inizi del Novecento e con orgoglio mostra la foto in divisa e racconta di “quando accompagnavo Tito Gobbi in teatro”.
Succede che nella tua adolescenza lo stesso genitore “ti porta all’opera “ a vedere Tosca, il cavallo di battaglia del suo amico e succede ancora che ti folgora il ruolo di Scarpia e quella voce calda e sensuale.
Dopo tanti anni incontri l’amore che ti conquista con “dicitencello vuje” con la sua voce rotonda e vellutata.
E così la mia vita si intreccia con un doppio filo al timbro del baritono .
Incontro tanti cantanti e artisti meravigliosi ma, se mi soffermo a pensare, quelli che entrano nel mio cuore sono proprio i baritoni.
Renato Bruson e ancora Alberto Mastromarino, Carlos Alvarez , Nicola Alaimo, Lucio Gallo, solo per citarne alcuni.
Tutti amici e grandi nel mondo della lirica con i quali mi soffermo spesso a parlare dei personaggi che interpretano. Con Alberto Mastromarino facciamo il gioco di “parlare” con le frasi d’opera; è divertente ma poi ci riporta a parlare seriamente di vocalità e analizzare i personaggi attraverso la musica e il libretto .
Così senza accorgermene mi ritrovo a conoscere tutte le opere e le romanze che vedono la voce di baritono tra i protagonisti.
Una corda, quella del baritono, che nella storia della musica merita che venga raccontata.
L’identità della corda di baritono si definì solo nel diciannovesimo secolo come conseguenza della trasformazione della voce di tenore, il cui registro grave perse di sonorità e d’importanza man mano che i cantanti si abituarono a cantare in voce, cioè senza ricorrere al falsettone nel registro acuto. A quel punto il basso-cantante si trasformò in baritono.
Il primo grande baritono della storia della lirica fu Giorgio Ronconi, per la cui voce Gaetano Donizetti compose Il furioso all’isola di San Domingo e il Torquato Tasso mentre Giuseppe Verdi pensò a lui per interpretare per la prima volta Nabucco .
Ovviamente anche prima di Donizetti esisteva la corda ma confluivano nella categoria di bass -bariton o baritenore.
Diciamo che anche oggi esistono molti “baritenori” in carriera riconosciuti come baritoni; ma questa è un’altra storia!
Ma sarà Giuseppe Verdi che a questa specifica sonorità e a questa estensione vocale darà un rilievo particolare .
La grande novità nel teatro verdiano è dunque la voce baritonale: quasi sempre l’antagonista del tenore, in altri casi il baritono rappresenta l’uomo maturo e ambizioso.
Un’analisi a parte bisogna fare per il Rigoletto.
Il libretto di questa opera prevede un capovolgimento vistoso del solito schema tenore/eroe e baritono/antagonista.
In Rigoletto il “cattivo” è il tenore, che pure presenta le caratteristiche di giovinezza e di passionalità, tipiche della sua voce e invece il baritono assume una valenza ambigua, riscattandosi da una iniziale perfidia tramite la forza dell’amor paterno.
Il deforme giullare vive l’antitesi tra riso e pianto: egli è condannato a far ridere il suo padrone ma desidera poter piangere per esprimere la sua vera essenza.
“Nel Rigoletto la parte è fatta; con un po’ di voce e di anima si può cavarsela bene” scrive Giuseppe Verdi al suo editore Ricordi nel 1880.
Quest’affermazione può spiegare il successo di tante esecuzioni mediocri abbellite dall’acuto finale di “oh la maledizione! “ che Verdi non scrisse e che eseguono i baritenori!
Qual è allora la difficoltà di interpretare Rigoletto? Tanto per citare uno dei ruoli più eseguiti dai baritoni!
Giuseppe Verdi stesso ci risponde dicendo che bisogna cercare nelle singole parole e nel colore vocale e strumentale.
Il cerchio si chiude: parola, scena e suono da Verdi in poi non si possono più scindere .
Analizza Gavazzeni nel suo saggio, l’uso ricorrente in Verdi della tonalità “bemolizzate” come precisa scelta drammaturgica del compositore che individua in questa tonalità, la predilezione per le voci baritonali. Da Nabucco a Falstaff nei ruoli verdiani primeggia la voce del baritono per la voce calda, piena e ricca con la peculiarità di una elegante cantabilità .
Quella del baritono per me è una voce che riscalda l’anima e arriva al cuore.
Questo articolo lo dedico alla memoria di Amelia Imbarrato e al suo libro “idee verdiane”.