Forte
Il respiro del mondo mi ha sussurrato, ma forte, che tu vivrai per sempre. Me lo ha detto mentre camminavo in corridoio e stavo per raggiungerti in cucina, e tu eri ai fornelli a preparare il pranzo.
Niente di te passerà.
Nessuna delle particelle che compongono il tuo corpo. Nessuna delle cellule epiteliali dei tessuti del tuo iride.
I tuoi occhi non moriranno mai – ho pensato mentre annusavo i profumi ondulati del ragù.
Questa cosa voglio che tu sappia. Questa cosa meravigliosa.
A un certo punto del tempo in te si è condensata una mossa dell’universo. In una forma unica e vibrante. Questa mossa è sempre sotto scacco, ma ha prodotto te. Ha ritagliato una porzione dello spazio siderale, ha messo ordine tra atomi danzanti, li ha trattenuti per un attimo in un gesto e ti ha generato.
E tu sei qui davanti a me, armata del tuo mestolo di legno, tra vapori acquei e ribollenti sughi come un’amazzone con l’arco che saetta, tra le foreste vergini e le paludi.
Non svanisce nemmeno questa tua forma. L’universo ti conserva adesso e ti custodirà per sempre.
Che fine fanno tutte le nostre forme? Le linee dei confini che assumiamo con i nostri corpi, con i nostri gesti? Dove vanno a cacciarsi le nostre fantasie più belle? Dove finiscono le nostre parole? Dove riposano le nostre poesie? Dove corrono, dove fuggono i respiri delle nostre speranze? Dove si trattengono a chiacchierare amabilmente le nostre tristezze? Che fine fanno le forme che abitiamo?
Ci deve essere qualcosa come un grande parco giochi dove si incontrano tutte.
Non ci credo che il tratteggio dei tuoi occhi possa svanire nel nulla.
Sai cosa svanisce?
Le linee mai esistite e quelle che non esisteranno.
Ma tutto ciò che ha preso forma non svanirà.
I tuoi occhi non moriranno mai.
Le parole di troppo, i gesti disperati, gli occhi spiritati fuori dalle orbite, esistono soltanto se ricuciti in una forma. La potente energia che ricompone, che modella il caos, che ricuce i lembi strappati dell’universo è capace di trattenere le sue opere d’arte in un abbraccio sicuro.
Ieri pomeriggio, in viaggio sul treno Roma-Torino, al taccuino di fronte a me ho confidato questa mia certezza.
Dentro un vuoto abissale di morte apparente siamo trascinati noi. Cristalli di forme vitali, cristalli pronti a spezzarsi in mille spigoli di schegge, pronti ad impazzire, a deviare dalle orbite, a schizzare via veloci verso un infinito e amorfo nulla.
Siamo noi quei cristalli luminosi piantati dentro la voragine.
L’attacco al re, lo scacco matto, è tanto prossimo che giustamente noi ce ne freghiamo.
Il nulla attorno che ci stritola le viscere e le memorie non potrà ingoiare nemmeno un briciolo di noi, neanche un soffio dello spazio che abbiamo ritagliato con i nostri sospiri.
I confini che abbiamo riempito con la nostra presenza, a un certo punto, si svuoteranno – forse – di qualcosa, ma non è possibile che vada persa la bellezza.
E tu, per questo motivo solo, continuerai ad attraversare l’universo.
E tu, già solo per questo, non potrai mai spegnere i tuoi occhi.
Continueremo a guardarci, se siamo stati belli.
Continuerai a cantare con la tua voce sorridente ed io ad ascoltarti, con il mio cuore che sorride forte quando ti ascolta.