Fra i libri
Questo mi piace. Lo prendo con la destra, giro e rigiro. Saranno duecento, massimo duecentocinquanta pagine. Formato tascabile e copertina morbida, come piace a me. Carta bianchissima. Lo porto al naso chiuso, dalla parte del taglio davanti. Come un feticista lascio scorrere le pagine per sentirne l’odore. Amo da sempre l’odore dei libri. E insieme alla copertina, al colophon, alla quarta, al titolo stesso, anche l’odore del libro contribuisce alla mia scelta d’acquisto. Certe volte è determinante, e capita di comprarne uno solo perché odora di buono. L’olfatto di solito non mente. Un libro che ha un buon odore di solito ha anche una bella storia di raccontare.
Amo da sempre l’odore dei libri. E insieme alla copertina, al colophon, alla quarta, al titolo stesso, anche l’odore del libro contribuisce alla mia scelta d’acquisto.
Una ragazza così rigida da sembrare un burattino punzecchia con l’indice le coste dei libri di pedagogia. Sembra cercarne uno in particolare. Ha l’aria severa della maestra che sgrida i discoli tutto il dì. Già i tratti spigolosi dicono molto di lei. Col naso potrebbe far scoppiare un palloncino. È carina, ma di certo non fidanzata. Col naso potrebbe far scoppiare qualsiasi uomo che la volesse baciare. Proprio come un palloncino. La commessa, dall’altro lato del negozio, in ginocchio sul tavolo basso, rifornisce la sezione dei best seller, che è un trionfo di gialli da un chilo e mezzo e robetta di prima attualità e infimo spessore letterario. L’editoria è un’industria, bellezza. Che ti credevi? Canticchia una canzone napoletana. Avrà cinquant’anni, e stamattina sembra molto felice. Una terza, che sembra essersi risvegliata un’ora fa dal letargo, è china sulle cosce aperte, coperte da una gonna enorme. Sfoglia in mezzo un trattato di magia bianca. Che poi io questi diversi colori della magia non li ho mica mai capiti. Degli orecchini indiani, di quelli con la tela in mezzo che scacciano tutte gli spiriti maligni, le penzolano dai lobi. Sono lunghissimi, fino a toccare la gonna. È bellissima e in una vita precedente doveva essere una strega. Oggi forse è una wikka, come si chiamano loro. La sezione è ovviamente parapsicologia. Di sicuro ha molti fidanzati, e per ognuno di loro almeno un paio d’amanti. La libreria è deserta alle nove del mattino. Siamo solo io, la prof e la strega. Due ragazze diverse, direi anche coetanee. Avrebbero tantissimo bisogno l’una dell’altra.
m.m.
Apocalisse. La ressa. Ragazzine che si spingono una con l’altra all’ingresso, la guardia giurata sembra nervosa, mi guarda alzando un sopracciglio. Mi chiedo che ci sono venuto a fare. Io poi Baricco l’ho sentito a teatro, ambiente ovattato mica così nel caos, tipo rockstar. Capelli lunghi che sbattono di qua e di là, iphone con le orecchie di strass, qualche signora troppo profumata corre sui tacchi per raggiungere un posto a sedere. Un cordone costringe il cammino della gente in un percorso obbligato verso le scale. Fa un caldo boia, fortuna che non ho messo la cravatta. Il solito giornalista sfigato che incontro ad ogni presentazione è già seduto. Prima fila per lui ma solo perché si anticipa di parecchio. Qualche volta penso che dorma negli scantinati della libreria per sbucare fuori come un topo dalla fogna appena c’è odore di eventi accattivanti. Che poi io li ho letti i suoi pezzi sono proprio da terza media. Raccomandati del cazzo. Lì giù le vedo subito spiccare fra la folla: le scrittrici emergenti, quella sexy con la bocca a canotto e quella intellettual-chic con gli occhialini di metallo, hanno già la penna in mano. La tecnica la so a memoria: rubano frasi a casaccio poi le rimettono nelle loro storie. Un gruppetto colorito di una scuola di scrittura viene qui con la speranza che lui, il vate, li inviti ad un laboratorio per poi dire: sai siamo stati anche noi nella scuola più vip del paese a scrivere. Certo tanto sganciano i papà. La maestrina non manca mai ma si tiene distante abbastanza per pronunciare qualche parolina di sdegno, quel tanto che possa essere ascoltato da chi sta accanto e non da chi è appena più avanti. Il comportamento di chi si ritiene superiore ma non abbastanza per alzare la voce o prender un microfono davanti a una platea.
Il solito giornalista sfigato che incontro ad ogni presentazione è già seduto.Qualche volta penso che dorma negli scantinati della libreria per sbucare fuori come un topo dalla fogna appena c’è odore di eventi accattivanti.
Il tizio del bar fra un caffè e l’altro mangia patatine fregate da sotto al bancone, sai i batteri che mette lì con le dita sporche poi ti viene a servire al tavolo. Io non prendo mai nulla che non sia prima passato per almeno 80 gradi, dal contenitore al contenuto. La mia poltrona in fondo al reparto scienze sociali a quest’ora è sempre occupata ma la mattina presto è il mio regno. Due ragazzi sono stravaccati, uno con le gambe aperte e i jeans stracciati sulle ginocchia come se lo avessero sfregiato con una katana, l’altro è sul mio bracciolo come un babbuino su un ramo di un albero. Non mi sorprenderei se facesse anche la cacca, sguaiati ridono con i libri dei test d’ingresso fra le mani. Cosa studiate a fare se non riuscite a star seduti correttamente? Bestie, capre. I due intellettualoidi abitudinari sono già pronti con la critica di turno da sfornare, se la ridono alle spalle del mondo culturale della città, ma solo perché si sentono poco umani per poterci affondare dentro. Puzza di sudore in questo locale, il vociare selvaggio mi ha schiantato i timpani, ecco la voce del vate attraverso la filodiffusione per permettere a tutti, in ogni angolo, di non perdere una parola. Cazzo spingi tu? Ragazzino imbecille che ancora hai il latte alla bocca, io vengo in questa libreria da quarant’anni sai? Conosco ogni centimetro e se mi spostano un libro me ne accorgo ad occhi chiusi. Merdaccia di mondo, mi alzo sulle punte delle scarpe, volgo gli occhi affamati verso il reparto parapsicologia, volo oltre le teste, le voci scompaiono, s’apre la folla davanti a me come le acque avanti a Mosè, devo solo avanzare qualche passo. Fermo, fermo stupido: non ti muovere, stregato come dal primo giorno in cui la vedesti inginocchiata con la lunga gonna esotica a sistemare libri. Fermo non ti muovere. La tua regina ti guarda.
f.m.