È una legge fisica l’amore
Nella stanza lo sfondo è verde, la luce di un quadro di Hopper.
È una legge fisica l’amore… O è chimica?
Una reazione inaspettata. La chimica è infallibile. L’amore no.
Sulla testa di lei il riflesso delle ombre. Il suono di un clacson le ricorda che deve andare. Lui la ama, la afferra disperatamente sulle note di una musica invisibile, ma lei è già in un altro luogo, in un’altra conversazione, su un altro piano, le luci la attraversano assieme alla musica. Non è con lui che percorre la strada che la allontana dalla normalità, e sulla strada la neve (inaspettata).
La bellezza è un regalo che fa sorridere i bambini e i puri.
Guarda le nuvole attraverso il finestrino, sa che non c’è nessun altro posto dove possano stare. Ampie volute infiammate di rosa e grigi, inframmezzate dalle cime degli alberi, i tronchi virili, e i rami abitati da foglie intimidite da un obbligato esercizio quotidiano, esporsi senza possibilità alcuna di riparo, volare via, l’ultima occasione.
Le scatta una foto, un’altra ancora. La bellezza è un regalo che fa sorridere i bambini e i puri. Lui era rimasto fuori e le aveva urlato contro il suo non comprendere, il suo amore furioso e sconfitto. Non era servito a niente.
Era uscita tirando su il bavero della giacca, i singhiozzi di lui confusi con il ticchettio della pioggia.
Nella stanza lo sfondo è immobile, la luce smorzata. È compito suo accomodare i dolci su un vassoio e si domanda quanto costino quelle tazze di porcellana lussuose. Di là, la voce di lei che risuona tra stanze nuove. Ancora il piano e la musica e la carta lucente, e quella nota stonata, perché le mani sono un prolungamento del cuore e non sempre il tasto è quello giusto.
È forse l’abito grigio che indossa o il biondo dei capelli che gliela hanno fatto desiderare? Rimette lo stesso disco, i dischi non prendono stecche, possono incantarsi
Le paste sono appiccicose, ci sono ciliegie, e granella di mandorla; si diverte a creare figure geometriche, a ripetere la stessa frase all’infinito.
Lei sente ancora le gambe e le braccia di lui addosso e respinge quel ricordo, lo sposta in un angolo della mente insieme alle lenzuola e alle coperte che non condivideranno più.
Le paste sono appiccicose, ci sono ciliegie e granella di mandorla; si diverte a creare figura geometriche, ad armonizzare i colori, ma è dei sapori che le importa, eppure continua a spostarle. Delle apparenze continuino a curarsi gli altri. Questa donna è un’estranea, ma lei l’ama. Le arriva la stessa musica, ripetuta, insistente.
Rimette il disco, non lo ama più, ma non è sicura neppure di questo, non è certa che lui soffra sul serio, in realtà è l’ego maschile a soffrire; se lo avesse tradito con un altro uomo sarebbero subentrate la competizione e la comprensione, e lui avrebbe capito, ma lei gli ha preferito una donna, o meglio uno scricciolo di donna, così sottile, esile, quasi un ragazzo, dagli occhi spalancati e avidi che l’hanno risucchiata dentro. E suona, risuona una musica che lui non comprende, che lo fa impazzire, e lo fa uscire dai gangheri e avrebbe voluto picchiarla, lei ha sentito la violenza trattenuta a stento. È certo che un tempo lei lo abbia amato, desiderato, ma ora non c’è gara, non c’è sfida. Ha perso. Lo rivede con la testa fra le mani seduto sui gradini fuori dalla porta, risente il clacson e la donna ragazzo che non le danno tregua, e la pioggia sul parabrezza che ha confuso i tratti.
Ha mani piccole la donna scricciolo, le dita sporche di zucchero, lei gliele prende delicatamente, le porta alla bocca.
-Le paste così vanno bene, è l’armonia giusta, le dice un istante prima di mordere.