E poi mi arresi al suo abbraccio
Il mare di Viareggio spuntava turchese tra le colline verdastre di casa mia ed io dall’alto osservavo Lucca in tutto il suo splendore, la città pareva una fortezza di meraviglie e tesori nascosti da scoprire ad occhi chiusi e cuore aperto.
Agitavo il vestito lungo e bianco nell’aria, mi dondolavo con le gambe aspettando lui e intanto il vento prendeva forma in me, nella balza del mio vestito e nelle ciocche dei miei capelli puntate alla testa con mille forcine di color castano, erano come libellule tra cielo e nuvole.
Avevo appena scalato i capelli ed era difficile gestirli contro il soffio del mare.
Sentii improvvisamente il motivo del mio cellulare cominciare a squillare, intorno a me tutto era di un colore vivido, fiori lucidi, macchie definite di estate pura.
Risposi tesa, cercando di calmare il tremore che dalla gola saliva in ogni parte di me.
“Ciao, sono all’inizio della strada. La devo proprio scendere tutta?”
La sua voce spavalda urtò i miei nervi già tesi.
Pensai che come primo appuntamento non stava cominciando bene.
“Direi di sì, a meno che non vuoi che me la faccia tutta a piedi!” la città pareva una fortezza di meraviglie e tesori nascosti da scoprire ad occhi chiusi e cuore aperto
“Va bene, allora arrivo.”
Salutai i miei genitori e mi avviai verso il cancello di casa ben salda sui miei tacchi oro e lo aspettai, ansiosa e impacciata, come una scolara al primo giorno di scuola, carica di pesi e aspettative.
Quando la macchina scese la strada di casa mia e arrivò fino a me, capii che vederlo in quell’istante era come fare un tuffo nell’acqua, ossigeno e respiro puro in contrasto tra di loro, e il cuore che se la giocava in apnea.
Salimmo in macchina entrambi eccitati di vederci, gesti timidi e occhiate lunghe dietro i rispettivi occhiali da sole.
Lui guidava la decappottabile mentre tra i fili degli alberi e il profumo del mare la città stava per aprirsi a noi.
“Allora, quanti anni hai?”
Sorrisi, sapevo che come tutti anche lui non si aspettava quanti anni avessi davvero.
“Vent’anni, fatti in Dicembre. E tu?”
Lui mi guardò stupito e non riuscii a capire quante più volte passò lo sguardo tra la mia scollatura, la pelle abbronzata e i capelli ormai arruffati e scompigliati contro quel tetto inesistente di macchina sulla quale stavamo viaggiando.
“Io ventisette, ventotto a Novembre. Non pensavo tu fossi così giovane. Credevo avessi la mia età.”
Ci conoscevamo all’incirca da qualche mese, ma solo una settimana prima lui aveva avuto il coraggio di invitarmi fuori a cena.
Ora intanto che guidava sembrava imbarazzato, quasi senza parole, eppure le parole tra noi non stavano mancando affatto, mentre approdati ormai in città le mura di Lucca ci facevano da contorno maestoso, avvolgendoci nel loro cerchio di profili di piante e sprazzi di giardini che si alternavano fra una cinta e l’altra.
Scendemmo dall’auto che c’era ancora il sole tra i vicoli, lui venne ad aprirmi la portiera e mi strinse subito a sé, ero appoggiata al suo petto lungo e sodo e sorretta dalle sue braccia abili che mi cingevano come se lo avessero fatto da sempre.
Assolutamente determinata protestai.
“Siamo già a braccetto?” ossigeno e respiro puro in contrasto tra il loro, e il cuore che se la giocava in apnea
Assolutamente convinto sorrise.
“L’ho fatto spontaneamente, pensavo ti potesse far piacere.”
E poi mi arresi al suo abbraccio.
Stavamo passeggiando da qualche lungo minuto e intorno a noi il sole si nascondeva dietro la Torre Guinigi e calava tra le vie della città, lasciando spazio ai primi lampioni accesi che si riflettevano nelle vetrine di negozi pronti a tirare giù le saracinesche, tra i bar con ombrelloni capienti verdi e rossi e turisti con in mano gelati più grandi di loro.
Mi spostò la sedia del tavolino dove stavamo prendendo l’aperitivo prima di andare a cena.
“Madame, prego.”
“Grazie. Sei sempre così galante?”
“Abbastanza.”
Il vento scompose nuovamente la mia acconciatura, mi cadde con imbarazzo una forcina poco prima della scollatura.
“Hai tagliato i capelli?”
Arrossii.
“Sì, mi ci devo ancora abituare.”
Provò a baciarmi ma lo schivai velocemente. Non potevo ammettere che fosse così irresistibile.
“Cosa fai quest’estate?”
“Ho le ferie a inizio Settembre, vado in Spagna, un viaggio tutto in moto. Vuoi venire con me?”
Iniziai a ridere, nervosa e scettica insieme.
“Non mi piacciono le moto. E poi lavoro.”
Il cameriere ci servì i nostri drink, bianco e a coppa il mio, alto e coloratissimo il suo.
Provò a baciarmi ma lo schivai velocemente. Non potevo ammettere che fosse così irresistibile
Ovunque posassi gli occhi notavo segni della nostra opposta diversità, così distanti in tutto e così uniti. Seduti a quel tavolino adesso che lui aveva sapientemente avvicinato le nostre sedie, non eravamo più uno di fronte all’altro ma di nuovo appoggiati nel nostro profilo, mani a cercarsi con frenesia e cuori occupati a chiedersi quale fosse di noi la magia che ci teneva legati dentro quella sera.
Arrivò la cena e altre chiacchiere, altri sguardi e altre attese fino a quando corrisposi un suo bacio e fu tutto naturale nell’accadere così velocemente, così passionalmente mentre ormai io mi stavo innamorando.
“Che cosa sta succedendo?”
Ero a corto di fiato nella gola.
“Ci stiamo baciando.”
Era così chiaro e limpido quel bacio contro la luce di quella luna da non sembrare nemmeno notte, ma solo un sogno soffice e leggero, incredibilmente etereo.
“Cosa fai domani sera?”
“Non lo so.”
“Esci con me?”
“Forse.”
“E la Spagna?”
“Neanche a parlarne.”
E poi mi arresi al suo abbraccio. Di nuovo. Ancora. Pancia, braccia e gola. Abbracciata a lui.
In Spagna non ci andammo mai, mi portò invece molto romanticamente a Parigi, ma ancora oggi il più bel tragitto che ricordo con lui fu quello dentro il suo abbraccio, dove partii senza biglietto e nessuna destinazione, avendo solo lui dentro quel viaggio come stazione, un approdo di gioia con cui ebbe inizio la nostra emozione di stare insieme.
mani a cercarsi con frenesia e cuori occupati a chiedersi quale fosse di noi la magia che ci teneva legati dentro quella sera