Qué poco es un solo día, hermanas
C’è una foto che risale più o meno a quando avevo otto anni.
Siamo ritratte io, le mie due cugine e mia sorella prima di una festa di carnevale.
Le mie cugine sono vestite da bambola e da Biancaneve. Mia sorella è un coniglietto rosa.
Loro sorridono all’obiettivo.
Io sono vestita da pagliaccio. Ho una tuta intera color crema con i pois grandi colorati, un cappello a punta e un naso verde. Non sorrido e ho lo sguardo malinconico.
Quella foto mi ha inquietato per gran parte della mia adolescenza e fino a qualche anno fa; ho sempre attribuito la sensazione di malessere al fatto che in quell’occasione mia mamma mi avesse vestito in un modo che mi faceva sentire diversa e molto probabilmente avrei voluto indossare qualcosa di più consono al mio essere bambina. Mi rifacevo spesso a quella foto e all’inquietudine che in me destava per spiegare il mio carattere malinconico e ironico, le mie stravaganze.
Ora ho una figlia anche io.
Qualche giorno fa a carnevale ho notato un’invasione di fate e principesse di tutti i tipi e ordini. Sembrava l’esercito dello zucchero filato. Più in là bambine più grandi si riunivano per quella che aveva tutta l’aria di essere una rimpatriata annuale di streghe. Poco altro. Al negozio di costumi invece proponevano alternative sadomaso per le più adulte, in tema infermiera sexy, gattina sexy, poliziotta sexy e strega, quest’ultimo direi presumibilmente con la dicitura “da indossare in quei giorni lì, voi sapete quali”.
Tornando a casa ho cercato di ricordare rapidamente l’anno in cui ci troviamo, il 2017 mi pare.
Ho cercato di fare anche la parte di quella contrariata dai beceri luoghi comuni e dalle solite imposizioni alle donne e ho continuato a farlo anche mentre mettevo a mia figlia una gonna a tutù che lei non sopporta e mentre le facevo i codini, che ad essere sinceri, lei detesta.
Ma si esce da questo tunnel? Oppure lo arrediamo a tema incubo rosa e Hello Kitty e non ci pensiamo più?
Appena mi sono resa conto del bel mare di profumata incoerenza in cui stavo naufragando, ho pensato: ma si esce da questo tunnel? Oppure lo arrediamo a tema incubo rosa e Hello Kitty e non ci pensiamo più?
Al di là di tutte le storie e le polemiche che l’8 marzo comportano, io mi sono sempre rifiutata di festeggiare questa fantomatica festa della donna e sono onesta. Capisco festeggiare il giorno dei nonni, benedetti loro, il loro tempo e le loro pensioni per questa affaticata generazione smarrita, capisco festeggiare tutte le professioni, capisco (e amo) tutte le altre feste che giustifichino una mangiata esagerata e le arrostite fuori porta, ma la festa della donna no. Non ha senso.
E siccome non mi voglio infangare in tematiche polemiche e tristi, ché oggi avrete tante storie così da leggere, vi dico che quella pagliaccia con lo sguardo malinconico della foto a otto anni ero io, ed ero serenamente consapevole. Che sono tuttora una pagliaccia dallo sguardo malinconico ed è bello rendersi conto che i bambini sono molto coscienti di se stessi, molto più trasparenti e genuini di quanto pensiamo. Molto liberi.
Parlandone con mia mamma è venuto fuori che avevo scelto io stessa quel costume. Mi era piaciuto il naso verde. E che lo sguardo contrariato era dato da un rimbrotto che mi era stato fatto prima di scattare la foto.
Così ho pensato che per uscire da quel tunnel rosa potrebbe servire una bella sterzata a tutti i nostri preconcetti e alle gabbie mentali, che di sicuro ci siamo costruiti in anni e anni di lavoro certosino nel rinchiuderci, rinnegarci, reprimerci sempre di più. Festeggiare ogni giorno una sbarra in meno, verso un’apertura mentale in più.
Quella mi sembra una festa molto interessante.
L’esercizio potrebbe cominciare col comunicare con umorismo e tranquillità alle bambine che se vogliono essere principesse va bene, ma che nessun principe verrà a salvarle, e poi pensa che noia stare su un castello a dormire e ad aspettare. Che non devono per forza mettere tutù e gonne perché magari non amano il balletto, ma se invece vogliono tirare calci ad una palla va bene (e poi papà è contento perché tirano già di sinistro e pare una cosa importante). Che possono andare in giro anche con i ricci non pettinati e importa poco se sembra che gli sia esplosa una raffica di vento in testa, questi codini non sono fondamentali. Che possono essere selvagge e malinconiche. Che non devono per forza essere mamme e mogli, ma anche compagne, amiche, eremite e tutta una gamma di personaggi divertentissimi. Che possono avere le macchinine. Vestirsi da orso e non da Masha. Che se passano sul pavimento lo “fuiffer” per la polvere, non sono brave donnine di casa perché aiutano la mamma, ma che è una cosa normale aiutare tutti e curare l’ambiente dove si vive. Che anche se si vestono da supereroi, hanno diritto ad aver paura
Ai bambini invece diciamo che si possono vestire da principi azzurri, ma che questo non fa di loro il Re Sole. Che non sono portatori di bellezza assoluta e che non è vero che nessuna donna al di là della loro mamma saprà capirli e coccolarli e cucinare loro le lenticchie (fidatevi, facciamolo questo esercizio, facciamolo o non ci sarà nessuna donna che andrà mai bene per loro). Che anche se si vestono da supereroi, hanno diritto ad aver paura. Che non devono per forza dover salvare qualcuno. Né dimostrare di essere i più forti. Che possono praticare il balletto perché Roberto Bolle è l’emblema del talento e della disciplina assoluti. Che tutti piangono, maschi e femmine. Le emozioni non hanno genere (ma questo davvero si deve ancora dire?). Che possono chiedere il cucinino e il ferro da stiro al compleanno perché è una cosa normale aiutare tutti e curare l’ambiente dove si vive. Che impiastricciarsi la faccia col rossetto come mamma va bene, basta che non inizino a fare murales in giro per la casa.
La morale di questa favola è che anni dopo quella foto con le cugine ho visto il film Donnie Darko. E niente. Penso che a mia sorella sia andata molto peggio vestita da coniglietto rosa. Eviterei.
Concludo con questo bel pensiero:
¡Qué poco es un solo día, hermanas,
qué poco, para que el mundo acumule flores frente a nuestras casas!
(Tratto da Ocho de marzo – Gioconda Belli)
Diccillo sorella.