Vapori
Vapori, profumi, calore soffocante, chiazze di rosso e di nero qua e là. Sorrisi e baci sfiorati. Cosa facciamo oggi? Lo prendi il caffè? Non c’è posto, siedo qui alle vasche poi magari mi sposto se serve. Lo sapevo che oggi non era giornata. I camici dei ragazzi sporchi di vari colori emanano effluvi di tinture e shampoo. Quante tinte prima di te? Troppe donne in attesa.
Due signore non giovanissime con sottili capelli spettinati e umidi aspettano pazientemente il loro turno, una guarda nel vuoto l’altra sfoglia un giornale di gossip. Le ragazze con le gambe di fuori sfidano il freddo della strada stando sulla porta con la sigaretta fra le dita e ridono sbirciando una sul cellulare dell’altra.
Ma ti ha risposto? Non ancora. Però il messaggio lo ha letto, c’è la spunta blu. Lo fa apposta te l’ho detto. E io cambio foto profilo, metto quella con Enrico così gli rode il culo.
Uno, due, tre shatush. Le teste delle tre ragazze sembrano quelle di donne impegnate in un rituale voodoo per riconquistare l’amore perduto, tutte cotonate con le punte dritte e spiritate verso il soffitto del negozio. Ci sono borse femminili dappertutto, semiaperte, mondi che occhieggiano come animali nascosti nel verde di un bosco.
Michele fa la linguaccia in risposta a Giosuè e spazza ciocche di capelli che svolazzano sul pavimento come piume di un uccello spennato da una bufera di vento.
Una shampista si nasconde nello sgabuzzino dei cappotti per riposare, spera che il titolare non se ne accorga ma lei è l’ultima arrivata qui, i lavori pesanti le spettano. La signora Rosa si fa fare la manicure e racconta dei suoi nipoti, uno in Inghilterra a lavorare come pizzaiolo e l’altro in Germania come operaio. Ragazzi di buona famiglia dice lei, i nuovi emigranti dice il tiggì. Anche le figlie di Maddalena laureate in architettura e in lingue sono a Londra, la mamma non le vede da tre mesi, ogni tanto tornano a Napoli, lo fanno quando il prezzo del volo è più abbordabile. Lina ha avuto una bella bambina ma non è sposata, il fidanzato cerca il posto, lei è fortunata a lavorare nel negozio, fare le mani alle donne è un po’ come leggerle, si capiscono tante cose delle vite altrui e qualche volta si intuisce il futuro.
Vieni che ti lavo, è il mio turno. Le dita scorrono lente sul cuoio capelluto, massaggiano, l’acqua calda come un guanto copre ogni pensiero, qualche goccia scende per il collo, arriva alla schiena, scende giù. E con lei l’ultimo pensiero pesante della giornata. L’asciugamano stretto sulla fronte come un’orientale, mentre mi alzo e vado al posto. Le ragazze hanno terminato, vanno via sollevando i boccoli mielati sui colli dei cappotti, profumano di buono. Cambieranno nuovamente le foto del profilo appena fuori dal negozio. Lo specchio mi guarda e sa che neppure il trucco più resistente mantiene ad una giornata dal parrucchiere. Fra una fiala alla cheratina e un brushing sapiente mi cade un ciuffo sugli occhi: è fermo lì a coprire quel pensiero che neppure oggi è stato lavato via.
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Messe così, tutte sedute in fila contro il muro, i capelli viscidi bagnati e neri con la retina bianca sopra, e quei caschi enormi in testa, le mamme sembrano tutte astronauti pronti alla missione, e il negozio del parrucchiere una enorme astronave. Io sto nell’angolo dove ci sono le riviste, ginocchia per terra e faccia contro il muro, scarto l’uovo kinder nell’unico posto appartato di questo luogo caotico, l’unico che mi permetta di stare un po’ per i fatti miei.
Le attese dal parrucchiere durano tantissimo, chissà perché le mamme vogliono sempre farsi belle. Forse qualcuna non è mamma, ma per me tutte le signore grandi sono mamme, cioè quasi tutte, sono mamme tutte quelle più grandi di mia sorella Eleonora.
Sarei anche potuto restare a casa da solo, io non avrei giocato coi fiammiferi, e nemmeno avrei ucciso il cane o bevuto detersivo, e figurati poi se mi lanciavo dalla finestra per imitare Batman. Avrei soltanto giocato in cameretta coi pirati e il galeone nuovo. Ma niente, mamma non mi fa restare da solo in casa.
Sei ancora troppo piccolo, dice. Sei ancora troppo piccolo, e mi porta via con sé. Sei ancora troppo piccolo, ma io voglio crescere presto, e poi non sono poi così piccolo mamma, vedi che muscoli che ho?
La polvere si azzecca sul velluto del pantalone insieme a tanti minuscoli pezzettini di capelli di ogni colore; prima di uscire dovrò sbatterlo forte, altrimenti mamma mi sgriderà.
Quella signora si fa dipingere con una vernice nera e col pennello, la parrucchiera ha i guanti tutti sporchi, una scena schifosa e l’odore poi, pungente come pipì.
Passa Michele spazzando i capelli caduti sul pavimento, che svolazzano dietro la sua scopa. Mi chiede sempre se guardo Jeeg Robot d’Acciaio alla televisione, ma non capisce che quei cartoni animati non li fanno più. Poi qualche volta mi passa la mano in testa, a me dà sempre fastidio quando mi mettono la mano in testa, però da Michele me lo faccio fare perché è simpatico e una volta dopo tante volte che me l’ha chiesto mi ha regalato un suo Jeeg Robot d’Acciaio, tienilo con cura ha detto, ci giocavo quand’avevo la tua età, avrà almeno vent’anni, e l’ho messo nel cassetto dove tengo i baci di Manuela. I capelli spazzati via Michele poi li raccoglie in un grande sacco. Secondo me non li buttano e ci sono gli operai dietro il negozio che fanno le parrucche per chi non ha i capelli.
Mi dispiace tanto per nonna, se potessi tornare indietro la porterei qui dal parrucchiere per farle dipingere i capelli così non muore più almeno per un altro pochino.
Sfoglio le riviste e mi sto annoiando tantissimo, chissà cosa c’è scritto qui, questa è una A e questa una O, la conosco bene la O perché è come un cerchio, la U invece è come lo zoccolo del cavallo, quello che porta fortuna. Le foto però sono noiose e ci sono solo tantissime signore in costume, e qualcuna ogni tanto senza che mostra gli zizzillini, questa però mi fa ridere perché è una mamma più vecchia e invece degli zizzillini c’ha gli zizzilloni. Chissà cosa ci trovano di interessante a guardare questi giornali pieni di zizzillini e di foto di signore che si baciano coi fidanzati sulle barche.
Mamma è quasi a metà, adesso è entrata Manuela del bar, e quando prende il caffè significa sempre che è quasi a metà. È bellissima Manuela, quando entra suona la campanella e lei mi guarda e mi sorride, un sorriso bianchissimo con tantissimi denti e una bocca profumata con un rossetto rosso rossissimo, io non so cosa mi piace di lei, ma quando sarò grande ci faremo fidanzati, lei mi ha detto che mi aspetta e mi ha dato pure un bacio, io l’ho preso in mano e tenuto stretto fino a quando non sono tornato a casa, poi l’ho messo in un cassetto, così l’avrei conservato. Poi però Eleonora cercava il suo telefono e ha aperto il cassetto, e il bacio di Manuela è volato via, e per dispetto io le ho scarabocchiato il diario.
Manu ciao, dammi un bacio per favore, quello dell’altra volta è volato via per colpa di mia sorella.
Me ne ha dati due, li stringo nei pugni. Secondo me dopo due baci ormai siamo già fidanzati.
mm