Un manipolo di papà domenicali
Un manipolo di papà domenicali.
Sole e vento fresco. Luce meridiana e bimbi al pascolo. Scivoli e altalene al vento e al sole, contornati da voci sorridenti e voli di farfalle.
Domenica mattina di fine inverno, inizio primavera.
Mia figlia è la bellina col berretto arcobaleno.
Io conto i miei colleghi e sono tanti. Non c’è una mamma in giro. Sono dolcemente stupefatto.
I papà della domenica sono quel che sono al sole, un poco addormentati e pieni di buona volontà.
Con il frutto del loro seme che rotola sull’erba, danza su una nuvola sopra un’altalena, scivola su un trabiccolo di legno e di lamiera colorati.
Un manipolo di papà domenicali si è dato appuntamento al parco giochi accanto al supermarket come le lumache che escono dal nascondiglio appena dopo che è scrosciato un acquazzone, appena l’aria si fa asciutta e viene fuori un po’ d’azzurro.
La settimana di lavoro è alle spalle e quella dopo è nel futuro prossimo, intanto adesso il tempo più prezioso è quel presente che nessuno si accorge mai di vivere. Ed è un presente ricco.
C’è un buon tepore. Una buona luce. C’è un buon profumo di vita che cresce. Di vita matura che osserva i passi traballanti di una crescita. Che segue da vicino. È presente tutto questo e si sente. Stavolta me ne accorgo del presente.
Sono uno di quei papà e stamattina partecipo alla festa, senza un vero invito.
Solo mi son sentito trasportato, non so da chi e non so come, fuori di casa dopo colazione.
Credo ci sia stato un accordo telepatico tra le consorti, qualcosa di potente, che abbia agito sull’inconscio di noi altri. Vedo gli altri con la mia stessa faccia, inebetita e un po’ sognante.
Ciascuno avrà creduto, come ho fatto io, di aver concesso benignamente un’ora di riposo alla mugghieri. Magari di esser stato lui che ha preso iniziativa.
Chi sono io. Che cosa è questo esserino che mi guarda. Cosa sarebbe quella bavetta verde che le scende giù dal naso?
Tranquilla cara, esco con la pupa, porto la piccola ai giardinetti, non ti preoccupare, faccio io, riposa pure, fai le tue cose, son qui per questo, guarda non insistere che vado, non mi costringere a usare la mia forza bruta, lascia questa bambina, ti ho detto che la sciarpa l’ho presa e pure il cappellino, sì ho la bottiglia con l’acqua, sì ho i fazzolettini di carta, sì ho preso le chiavi e sto portando giù anche l’indifferenziato. Poi naturalmente passo al supermarket, certo compro dodici bottiglie d’acqua minerale a basso contenuto di sali minerali per la piccola. Certo, l’ibuprofene. Certo anche l’olio extra vergine d’oliva. Latte d’avena, di riso, di riso e mandorla. Mi sa che ho dimenticato dove devo andare. Chi sono io. Che cosa è questo esserino che mi guarda. Cosa sarebbe quella bavetta verde che le scende giù dal naso?
Va be’ si scherza, è chiaro.
Veramente ho creduto, magari, di essere un magnifico compagno dalle vedute ampie, dal cuore generoso e impavido, pronto al sacrificio per liberare la madama dal drago feroce di un pannolino pieno di pipì, almeno per due ore.
Allontano il pericolo di una duenne, in preda a raptus carnevaleschi, dalla dimora della regina madre, mi immolo per la causa di sua maestà la consorte. Sono un eroe di altri tempi.
Illusione ottica? Autosuggestione?
Ma qui la cospirazione delle mogli mi pare sia evidente. Non c’è una sola mamma nei paraggi, o forse per un raggio di chilometri. Ha agito la cospirazione.
Mi piace il rischio dell’accollo. Mi accollo tutte le responsabilità delle stragi di acciughe in salamoia che saprai procurare, amore divertente.
Ma, comunque sia, mi sta bene. Si sta bene al sole, al vento, con la tipetta dal berretto arcobaleno mi piace circolare, andare a zonzo, tornare sui miei passi. Andare alla rinfusa tra una giostra e l’altra, fare un salto al mercatino, gironzolare tra scaffali in bilico al suo passaggio. Barattoli che tentano le sue manine pure, innocenti, senza colpa alcuna. Bottiglie vitree e infide, pronte a frantumarsi al primo tocco. Mi piace il rischio dell’accollo. Mi accollo tutte le responsabilità delle stragi di acciughe in salamoia che saprai procurare, amore divertente.
Perché al presente non chiedo nulla se non di farmi accorgere che passa. Così da catturarlo con il cuore, almeno, dato che in nessun altro modo si riesce.