Intervista a Israel Galván
Ho avuto la fortuna di intervistare Israel Galván il 7 settembre 2015 alla conferenza stampa del Festival ¡Flamenco!, il giorno prima del suo attesissimo spettacolo Sólo.
Israel Galván è un artista capace di far andar via il pubblico sdegnato durante un suo spettacolo ma anche – e sempre di più negli ultimi anni – di strappare interminabili standing ovation.
Quando si trova a Roma racconta che ha sempre la sensazione di trovarsi in un film e gli viene in mente Pasolini.
Che cosa sente il bailaor nella sua mente durante Sólo, uno spettacolo privo di musica? Segue un compás, un suono interiore o …?
Dato che non c’è nulla mi posso immaginare tutto. Una chitarra, un cantaor, il mare, le persone, il rumore, Mozart, Bach…
È la parte più bella.
Lasciare la mente libera affinché entri qualsiasi cosa.
E poi c’è anche un certo tipo di musica in realtà, perché il pubblico ogni tanto fa qualche rumore, ad esempio un colpo di tosse, quindi tutto ciò che succede si trasforma in musica.
Per questo penso che ogni volta che metto in scena Sólo è uno spettacolo nuovo: è una cosa che deve essere viva.
Tutto si converte in scena, in musica.
Hai trovato una difficoltà in particolare nel preparare questo spettacolo?
No, una difficoltà in particolare no.
Diciamo che la difficoltà starebbe nel fatto che balli in posti sempre differenti, posti che non sono propriamente logici [lo spettacolo all’ Auditorium Parco della Musica si è svolto al foyer della sala Sinopoli ad esempio N.d.A.], ma questo in realtà è ciò di cui ho bisogno.
Ogni tanto ho bisogno di ballare vicino alle persone.
La difficoltà quindi si converte in una cosa buona.
Ci possono essere angoli differenti, luci differenti, ma tutta la parte difficile si trasforma in qualcosa di interessante.
È evidente che non ti preoccupano le critiche negative. Ribadisci sempre, come hai fatto anche oggi, senza rancore e con molta modestia, che il pubblico è libero di andarsene quando vuole se non apprezza lo spettacolo.
Sì, è così.
Cosa diresti agli artisti che vedono le critiche negative in modo differente, a quelli che ne hanno paura, a quelli che magari, anche se in minima parte, finiscono per creare degli spettacoli in base alle aspettative del pubblico, restando nella sicurezza di piacere?
Direi loro che dovrebbero essere liberi.
Ciò che vogliono dire, che lo dicano, sempre.
Devono confondersi, io mi sono confuso molte volte, penso che sia un bene.
E quando arriva una critica negativa, quando ti dicono che qualcosa non va bene, beh, va bene così.
Io penso che l’unico modo di fare arte sia di farla senza paura. Lanciarsi come si è.
Poi se guadagni di meno, o non guadagni, allora dovrai cercare da un’altra parte.
Fare arte per fare soldi…può essere. Che ognuno sia libero.
Nel mio caso penso che la vita è un po’ corta, poi la carriera della danza ancora di più, quindi la uso per me. Poi per darla e chi vuole prenderla la prende, chi non vuole no.
Grazie ad Israel Galván per la chiacchierata. Per vedere un assaggio di Sólo, non perdetevi il video qui sotto.