Vivere da soli: aspettative vs realtà
Vivere da soli (valgono anche i coinquilini, purché non siano genitori) è un’esperienza elettrizzante, colorata, disordinata e indipendente, ma ben diversa dalle rosee aspettative di zucchero che avevo quando ero a casa con mamma, papà, fratello e il resto della famiglia a pochi chilometri.
Nell’immaginario collettivo – in questo caso il mio, ovvero l’unico a cui faremo riferimento – vedevo travolgenti coinquiline ad aspettarmi per un film ed una cena fatta di avanzi e commenti frivoli e impegnati che si alternano un po’ brilli in un venerdì sera di pioggia. In realtà di coinquiline calorose e gioviali ne ho trovate poche. Il resto chiudeva la porta della cucina mentre era ai fornelli. Si sa, la socializzazione è un cobra che inizia con due chiacchiere in cucina e ti uccide lentamente mentre torni in camera.
Gli avanzi però si sono rivelati una fedele rappresentazione delle mie più vivide fantasie.
Speravo di trovare la cuoca che giace in me, perché lo so che c’è. La vedevo già marinare con maestria, friggere, condire, trattare con disinvoltura dei piatti principali e dei dolci. Nella vita reale questa cuoca sbaglia ancora i tempi di cottura, il sale, di tanto in tanto qualche pancake esce addirittura buono, ma per il resto non ci siamo. La parte che ignoravo del tutto in questi sogni deliranti di indipendenza era il momento in cui ogni esperimento culinario va mangiato, non solo assaggiato. Non si butta niente, si sa, specialmente se l’hai comprato con i soldi tuoi e hai fatto la fila al supermercato, sporcato la cucina e pulito in fretta prima che la coinquilina entri e ti lanci insulti in portoghese. Anzi no, nella realtà lasciano post-it.
ma tanto lo sai che mamma ti dice “sale quanto basta”, “vedi tu, quando lo vedi pronto”. Ma che significa?
I vestiti, poi. Non si asciugano in inverno, ma tu non lo hai notato prima, anche se vedevi ogni capo d’abbigliamento della famiglia sparso su ogni fonte di calore della casa. Ma tu questo non lo vedevi davvero prima. Ora invece controlli le previsioni e studi complessi algoritmi per capire quale sia il momento propizio per stendere. Stai attento, ché gli slip prima o poi finiscono. E tu non vuoi vivere quel momento.
La domenica. Ah, la domenica e l’odore di soffritto. Quanti ricordi a casa. Allora ci provi pure tu, ti metti d’impegno e vuoi fare un pranzo decente, senza fretta. Perdi tre ore a soffriggere, friggere, lavare, passare in padella, apparecchiare e lavare di nuovo. Poi noti gli schizzi d’olio e rilavi. Ma tu questo lo sapevi solo a metà prima.
Se riesci a superare tutto questo disagio, se riesci ad avere cibo commestibile in pancia, vestiti puliti addosso, se riesci a superare qualche acciacco e continuare ad essere felice allora sì, ne è valsa la pena. Troverai amici, viste mozzafiato, avrai le tue chiavi, magari anche solo di una stanza, ma sarà tua e solo tua e lo saprai, lo sentirai quando paghi l’affitto da sola.
Sarà così: un giorno, quando raggiungerò la lasagna perfetta mi ricorderò di tutte le prove sbagliate e mi darò una pacca sulla spalla. Nel frattempo vado a praticare.