Lou Reed – Vicious
Quando ero un ragazzotto mi divertivo a paragonare la vita di una rockstar a quella di qualche amico che conduceva un’esistenza, a mio dire, non particolarmente avvincente. Funzionava più o meno così: avvicinavo un conoscente e gli chiedevo se preferisse vivere la vita della rockstar X o quella dell’amico Y. E giù grasse risate (del conoscente, io ridevo poco già allora). Una sorta di Gesù vs. Barabba. Di una pochezza indicibile, lo ammetto. Ma ero assai giovine e per fortuna la mente veleggiava in superficie e l’animo ancora non mi si era ispessito.
Che poi, a ben guardare, ciò che mi muoveva era solamente una grande, narcisistica, ignoranza. Se non fosse troppo ardito sfidare la mia coscienza così imprudentemente, azzerderei che paragoni di quel tipo altro non erano che un tentativo di pormi al di sopra di ciò che mi circondava e non soddisfaceva il mio bizzoso e altalenante ego.
E poi, e qui sta l’errore più grosso, mi fermavo alle paillettes, ai nastrini colorati, alle narrazioni superficiali e banali. Senza considerare ciò che ci stava sotto. Senza considerare quello che spuntava tra un rigo e l’altro. Senza considerare lo spleen e l’animo blues che ti mangia dentro. Che idiota: pensavo che Baudelaire avesse sì sofferto, ma che alla fine se la fosse alquanto goduta essendo divenuto famoso ai contemporanei e pure ai posteri. La felicità misurata in quarti d’ora di celebrità. In questo ero avanti.
Credo di aver messo in uno di questi paragoni pure Lou Reed. E posso immaginare come ne sia uscito lo sfidante. Beata adolescenza. Bastava rompere la superficie e osservare i mostri sguazzare sotto. Bastava ascoltare attentamente un pezzo come questo. O come Caroline Says. O Heroin.
Sarebbe bastato. Ma non è stato e forse può andare bene così.
Dovrei chiedere scusa a Lou per averlo considerato una persona felice, che senza dubbio non è mai stato.
E forse anche ad alcuni amici che ho bistrattato in paragoni infamanti. Poi rivelatisi infondati, tra le altre cose.
Ma ci ha pensato la vita a insegnarmi l’educazione. Quindi, come detto, può andare bene così.