Il ciclomotore
…Il ciclomotore quasi nero reggeva ogni distanza.
Finalmente in poco tempo, potevo andare, dove desideravo.
Con Lory, attraversando la Favorita, correvamo spesso a Mondello.
Libertà.
Libertà strozzata da pesanti sensi di colpa: per il giorno di scuola perso e per la scusa che la sera dovevo inventare ai miei genitori.
Leggerezza, risate e scoperte.
Libertà era il trotter che scalava le pendenze e scivolava veloce verso il mare. Stretti in due su quell’improbabile macchinario, insicuro come il nostro futuro, rumoroso come la musica che si ascoltava, giorno dopo giorno, conoscevamo, finalmente, la città.
Nelle nostre famiglie tutti i cugini più grandi diplomati, se non studiavano all’università, erano nel mondo del lavoro e parlavano di automobili, appartamenti, fidanzamenti e matrimoni. Con il presalario e il basso costo, l’Università si apriva lentamente a tutti, rompendo l’universo della gerarchia sociale.
Stretti in due su quell’improbabile macchinario, insicuro come il nostro futuro, rumoroso come la musica che si ascoltava, giorno dopo giorno, conoscevamo, finalmente, la città.
Borghesia e proletariato si ritrovavano insieme nelle aule accademiche del sapere. In quello spazio temporale di quasi un decennio, unico e irripetibile, io e i miei compagni eravamo certi, nonostante la guerra politica scatenatasi nelle città, che tutte le opportunità sarebbero diventate il nostro universale patrimonio. Lory era una promessa, un corpo, una scoperta.
Avevamo vinto una battaglia. Borghesia e proletariato si ritrovavano insieme nelle aule accademiche del sapere
Lo studio delle lettere, della scienza, dell’arte era diventato lo strumento attraverso il quale ciascuno di noi avrebbe realizzato il proprio immaginato futuro.
Anche noi sapevamo che l’anno successivo dopo il diploma avremmo dovuto scegliere che fare.
Adesso si studiava per gli esami di maturità un gruppo di cinque, però ascoltavamo musica e giocavamo a carte.
Andavo bene in tutte le materie eccetto che in matematica. Mentre il gatto graffiava la porta della mia stanza, Lory, mia fedele compagna di viaggio, mi allenava, mi lasciava pure i compiti da fare. Equazioni e trigonometria. Mi tormentava: e dai… e dai …e dai… è facile che ci vuole…Eravamo belli, vivi e non ci bastavamo, mai.
La sera ero sfinito… (continua)
Hello darkness, my old friend,
I’ve come to talk with you again,
Because a vision softly creeping,
Left its seeds while I was sleeping,
And the vision that was planted
in my brain
Still remains within the sound of silence.
NdA: Il ciclomotore è estratto da un mio romanzo breve “Dov’è Sara”.