Gianni Maroccolo feat Franco Battiato- Night and Storms
A volte guardo le persone e provo a immaginare le loro vite. Se dovessi indicare un luogo ideale per questo gioco, sarebbe sicuramente per la metro. Ti costringe a condividere l’ossigeno con un numero abbastanza cospicuo di persone in un momento in cui non fai altro che attendere la fermata che ti porterà a destinazione. Dato che non riuscirei a concentrarmi su una lettura e che nessun auricolare sarà mai abbastanza potente da coprire il frastuono delle rotaie e dei freni, l’unica cosa che mi rimane da fare per ingannare questo tempo – e al tempo stesso scansare ogni forma di introspezione – è guardare la persona di fronte a me e provare ad immaginare chi è, che fa, dove va, se è triste, se è ricca, se è sola, eccetera. Il fatto che non avrò mai la risposta sulla veridicità delle mie supposizioni è quello che rende bello il gioco: la vita, una volta tanto, è come voglio o come penso che sia; anche se è quella di qualcun altro. Come dicevo, la metro è il luogo preferenziale per questo tipo di gioco. Tuttavia, se da un lato è vero che offre un tempo sufficiente per pensare e una larga platea dalla quale attingere, per altro verso è vero anche che l’alta densità ostacola l’immedesimazione. Immaginare e immedesimarsi sono cose diverse. Per la seconda preferisco le passeggiate negli orari in cui s’incontra poca gente, diciamo una persona ogni due, trecento metri. Le incontri di faccia ed il tempo per osservare è poco, eppure l’esperienza personale di quell’incontro può essere davvero intensa se si è predisposti. Per un istante, pochi giorni fa, sono stato una giovane donna dell’est con bambino nel passeggino a seguito. I vestiti comodi, una serena consapevolezza di sé, la gioia di aver costruito una famiglia, che dalle sue parti è spesso ancora il desiderio più grande di molte ragazze. È stata una sensazione fugace, ma sentivo davvero di essere lei. Neanche il tempo di tornare in me stesso ed ero un anziano uomo del quartiere che da più di quarant’anni si sveglia ogni mattina alle sei e mezza, massimo le sette, e in modo automatico e impeccabile procede nel farsi la barba e col vestirsi in un modo che faticheremmo a definire elegante, ma che un uomo di quei tempi considererebbe sicuramente essere ben vestiti. La sua passeggiata è uno dei pochi piaceri che gli sono rimasti in un mondo e un’epoca che non gli appartengono più, che non comprende fino in fondo e che alla fine neanche ha voglia di comprendere, ormai.
Mi piacciono questi giochi di fantasia ed immedesimazione. Mi piacciono talmente tanto che stavo a pensando ad un nuovo gioco: associare paesaggi alle persone. Pensi che sarebbe possibile? Chessò, “quel tipo mi sembra una palude, quella ragazza una spiaggia soleggiata, quel vecchio una montagna”. Ti dirò, mi sembrava figo all’inizio, ma dopo averci riflettuto un po’ ho concluso che non è possibile: tutti possiamo essere montagne o vallate, prati rigogliosi o deserti, oceani scuri e profondi o acque basse e cristalline. Dipende dai momenti, dalle fasi della vita, dagli occhi di chi ci guarda e da ciò che scegliamo di mostrare ai diversi sguardi che incontriamo. Però una cosa l’ho pensata, interrogandomi su tutto questo: se pure questo gioco fosse possibile, tu non saresti nessun paesaggio. Saresti il viaggio che li unisce tutti. E tra le tante canzoni che ascolterei percorrendolo, percorrendoti, ci sarebbe sicuramente anche questa Night and Storms di Battiato.