Elvis Costello – Pump it up
Non so come la pensiate voi, ma io sono seriamente convinto che una delle cose per cui abbia senso vivere siano i ricordi indotti. E che vuol dire? Semplice. Tu te ne stai sul bus e guardi il sedere a una ventenne universitaria con il telefono alla mano oppure sei sul divano di casa e mediti su quanto è insipida la vita tua e d’un tratto un evento esterno e inaspettato si inserisce nella trama e va a stuzzicare chissà quale organo recettore del cervello. E così parte il ricordo, un flash back, una sorta di deja vu condizionato. Qualcosa che pensavi rimosso riaffiora dalla nebbia. E’ sempre un piacere. Anche perché difficilmente si tratta di cose brutte. Le cose brutte le ricordi eccome, quelle non vanno in letargo tra i meandri del cervello.
Ecco, va da sé che la musica è tra i migliori segugi di ricordi. Niente è in grado di stanare immagini imboscate come la musica. Gli odori, forse. Ecco, gli odori senza dubbio si. Talvolta musica e odori operano assieme. Mica tanto spesso. Quando succede, però, è un orgasmo, un baccanale per sinapsi.
L’altro giorno, ad esempio, ho ascoltato questa canzone di Elvis Costello. E mi sono accorto che le note stavano perlustrando strade oramai abbandonate da tempo. Ho lasciato fare. L’odore fruttato della Malvasia si è insinuato nelle mie narici. Effettivamente il buon Costello e l’altrettanto buono vino bianco sono legati da un ricordo adolescenziale: una mattina di scuola marinata, una bottiglia di malvasia in due, la testa leggera e idiota, le sigarette tirate al filtro, un prato fresco di marzo, Elvis Costello dalle casse di una radiolina sintonizzata su una stazione rock che trasmetteva dalla provincia di Reggio Emilia o giù di lì. Ricordi forti di cose oggi stupide, allora eroiche.
Ho smozzicato un sorriso. Non ho idea che fine abbia fatto il mio compare.
Strani i ricordi.
Strana la vita.