La storia di Roma spiegata al bar
Me ne sto a scrollare con il pollice l’inutile bacheca di un Facebook di martedì, quando entrano al bar tre tizi allampanati di età e altezze differenti. Poso il telefono e sorseggio la birra. Mentre mi accarezzo le labbra con i baffi luppolati origlio le frasi buttate sul prosecco macchiato Aperol.
Il più giovane inforca un giornale dal fondo e lo ascolto commentare un articolo nei pressi della pagina dei morti – mi piacerebbe saperne di più della storia di Roma. Mi piacerebbe saperne di più di storia, in generale. Non so un cazzo. Poi ti trovi con chi ne sa e te la prendi male, t’incazzi.
– A me no. M’importa una sega di Roma, proprio – fa il tipo di mezzo – so solamente che i romani scopavano a manetta e mangiavano come dei porci bastardi. Beati loro, cazzo. Quella è vita.
– E pure loro sono finiti male come tutti. Quindi… – conclude la parentesi storica il terzo e più vecchio dei tre, lo sguardo malinconico e rugoso piazzato sul vetro tra lo Scotch e il Cognac.
Come posso spiegare cosa fosse Roma e la sua storia a codesti tre personaggi? Questo pensiero mi
I romani imitavano gli etruschi, sebbene poi non gli andasse bene niente: le donne erano zoccole, gli schiavi troppo liberi
I romani erano in origine dei contadini incazzosi e bigotti. Tutti a Roma facevano la guerra, nessuno escluso. Ai romani stavano sui coglioni tutti: sabini, sanniti, etruschi. Con gli etruschi non si potevano compatire e facevano spesso a mazzate. I romani imitavano gli etruschi, sebbene poi non gli andasse bene niente di quello che facevano: le donne toscane erano zoccole, gli schiavi troppo liberi e via dicendo. Si sentivano così inferiori agli etruschi (e in seguito ai greci) che dovettero inventare, e loro stessi credere, a menzogne sulla fondazione della città: che discendessero dal troiano Enea, che Romolo e Remo fossero stati alimentati da una lupa, che la mamma dei due fratelli fosse stata bellamente stuprata dall’infoiatissimo Marte. In verità erano, come detto, contadini che in origine facevano a pacche con gli allevatori nomadi per il possesso dei campi. Possedere la terra era tutto, un po’ come nell’entroterra sardo ai giorni nostri. Se la terra ce l’avevi eri patrizio, altrimenti un plebeo di merda. Ma erano anche assai furbi e ci tenevano un sacco alla cosa pubblica che in latino si dice res publica. Dopo che il settimo e ultimo re aveva rotto i coglioni a tutti con la sua superbia decisero che poteva bastare così. Stop con i re stop. W la repubblica.
Bevuta generale. Battute sui re contadini e sulla mamma di Romolo e Remo. Si ipotizza fosse una milf.
I romani avevano un culo allucinante: se gli dei erano impegnati a ingravidare pastorelle, ci pensavano le oche del Campidoglio a salvare le chiappe a tutti avvisando Roma che un tale Brenno con i suoi compari Galli era in procinto di spianare la terra attorno al tevere. E così in un modo e nell’altro hanno fatto il culo a tutti i popoli italici prima e a quelli del mediterraneo poi. Erano pure piuttosto permalosi: ai cartaginesi, grandi rivali, per averli più volte turlupinati in battaglia (con tale Annibale) rasero al suolo la città e non contenti li resero schiavi tutti.
Dov’era Cartagine? In Nordafrica. Davvero? Ma allora Annibale era uno spacciatore! Esatto, le guerre puniche erano il tentativo di imporre i commerci sul Mediterraneo. Annibale voleva vendere il fumo a mezz’europa e i romani lo impedirono. Bevuta. Risate. Ci vorrebbe una cartina.
Un giorno un tipino tosto di nome Cesare ha passato con il suo esercito un fiume di nome Rubicone, che non si
Uno di questi, tale Trimalcione, era una sorta di star di Instagram #antelitteram.
Grande Trimalcione, fa il tipo di mezzo. Il più giovane invece magnifica il primo periodo. Gli racconto di Cincinnato che molla l’aratro per fare la guerra. Anche mio nonno mi fa. Ha combattuto in Jugoslavia e in Russia.
Poi le cose hanno iniziato a girare male. La crisi economica. Le liti. I senatori ricconi che fanno e sfanno gli eserciti a loro piacimento. Gli intellettuali se ne stavano a pensare ai cazzi loro, sempre più chiusi in sé stessi. Si sa come vanno le cose. Tra l’altro un paio di secoli prima in Galilea era nato un tipino destinato a cambiare il mondo. All’inizio i suoi seguaci finivano squartati dai leoni per allietare i vari Diocleziano & co., poi hanno finito per diventare di moda e fare il buono e il cattivo tempo. Un tale molto modesto di nome Costantino ha diviso l’Impero in due giusto per dare ad una delle due capitali il suo nome. Alle frontiere dei tipacci brutti e barbuti facevano il cazzo che gli pareva, finché un bel giorno uno di questi bruti, tale Odoacre, ha deciso che l’esperienza di Roma poteva passare alla storia. È stato bello finché è durato, adesso ci pensiamo noi.
Giro di bevute. Io ovviamente non pago. E ci mancherebbe. Pacche sulle spalle. Il più anziano dei tre, malinconico, ribadisce che tutto finisce. E si chiude in sé, sempre di più.
Ovivamente non dico niente di tutto ciò. Finita la birra scrivo sul tavolo ROMA con il bicchiere e me ne vado. Nessuno se ne accorge. Anche quando Roma cadeva nessuno se ne è accorto. Eppure la sua eredità è rimasta. Un po’ come un bicchiere sul bancone di un bar. E i pensieri che vi condensano attorno.