Racconto emotivo
Questo articolo di racconto emotivo è cambiato tre volte da quando l’ho scritto, non lo nego.
In queste frasi di adesso, come del resto anche nel fondo della mia vita, non sempre voglio relegarmi dietro bozze di esercizi e perfezione, nella tranquillità di aver dato, forse, la mia versione migliore.
Oggi cerco di dare una versione più sincera di me, più grezza e appena un poco più vulnerabile.
A volte succedono queste indecisioni, accadono questi moti di preoccupazione e slanci di confusione quando gli argomenti e le persone di cui si sta scrivendo li si vive con sentimento.
Questo è il mio destino, il perché unico e univoco sono qui adesso e scrivo
Il racconto è stato nel corso degli anni una forma letteraria amata e osteggiata, osannata e dimenticata, fatta di grandi successi editoriali e reclusioni in reparti di librerie ormai dimenticati. Questa inestimabile forma di scrittura della nostra editoria è anche quella che ha delineato la vita mia e delimitato quello che attraverso la narrativa ho cercato di dare al mio racconto emotivo.
Può sembrare in questi frasi che io di me non dica poi molto, eppure
metto in trasparenza una parte incredibilmente ampia del mio cuore
Ho iniziato a scrivere molto con i temi di scuola, i primi acerbi racconti della mia esistenza, così lunghi da sorprendere le maestre che poi sceglievano sempre i miei testi da leggere in classe, e i compagni erano incantati o forse annoiati dentro quelle mie pagine, scritte a mano con inchiostro blu, così fitte che non finivano più.
Diari personali non ne ho mai tenuti, mi hanno sempre dato tristezza. Per alcuni scrivere è uno sfogo verbale e veloce dove racchiudere le frustrazioni o le ambizioni e i sogni, per me la scrittura è sempre stata un modo in cui essere più intensamente me stessa, in cui non conta quello che fisicamente e concretamente posso sembrare o apparire, l’importante è solo l’insieme imprescindibile di me, autentico e sfaccettato, per scrivere come solo io so fare.
Mondi che hanno preso vita dalla mie mani, personaggi che hanno detto le mie frasi, aver diretto quello che nel mondo poteva andare in una certa direzione e che nei miei scritti invece poteva avere mille inizi e finali diversi, il biglietto di una destinazione solo mia, in cui poi, un giorno, far viaggiare insieme a me anche i miei lettori.
E se Anna Karenina non si fosse suicidata?
Se il dottor Zivago e Larissa fossero rimasti insieme?
Se Romeo e Giulietta avessero avuto degli altri genitori?
Davvero, come dice Cronin, la bellezza non svanirà e le stelle stanno a guardare?
Come ha scritto Fogazzaro, la verità è che siamo davvero, in ogni epoca, un piccolo mondo antico.
Quel mondo, quella piccolezza, quella antichità… Con la scrittura, anche con la mia, il mondo può davvero diventare immenso e immortale.
Poter vagabondare tra una vita e l’altra, tra le storie e i racconti
Poi, con naturalezza, ho iniziato a scrivere le prime mie poesie: cataste di raccoglitori ad anelli e buste plastificate in cui dentro riponevo i miei versi, tutti colorati.
Pagina dopo pagina sono cresciuti i racconti veri e propri, scritti rigorosamente in nero tra le lettere di un tastiera e la sfera di una penna.
A tredici anni ho scritto il primo romanzo e non ho mai avuto il coraggio di provare a pubblicarlo. Il titolo, la protagonista e i dialoghi, la caratterizzazione che avevo dato lungo quelle pagine, sono ancora vividi in me, pienissimi e colmi di vita propria, nonostante siano tutt’ora celati al mondo.
Ad un certo punto che io scrivessi non era più una costante giovanile ma un’attitudine di vita, dove io Marta stavo provando a trasmettere il mio dono nell’immortalità letteraria.
Ho iniziato a crescere.
E la giovinezza è un tempo strano, non si ambisce realmente a realizzare i sogni, si desidera piuttosto vivere davvero, appieno.
I sogni sembrano non bastare, c’è bisogno di sentirsi realizzati, di fare, di provare, di sbagliare,
di fracassarsi la testa e rompersi il cuore per vedere quanto giovani e integri siamo, quasi anche noi alla ricerca di essere immortali
Durante l’adolescenza avevo già scritto tantissimo tanto che ebbi le prime proposte di pubblicazione. Erano accovacciate in me contemporaneamente la voglia e la paura, con sempre l’ultima ad avere il sopravvento.
Studiare non era abbastanza, dovevo lavorare, avere qualcosa di mio, concreto e reale.
Così, con l’avvento della maggiore età, mi sono dichiaratamente considerata adulta.
Mi sono messa in proprio, ho sfidato me stessa nell’ambito del lavoro, sbagliando immensamente e imparando a poco a poco. La scrittura non si è mai affievolita, era, in quel momento, una compagna silenziosa.
A vent’anni mi sono innamorata. Totalmente.
Il primo amore, diventato subito importante e serio, e con una convivenza vissuta fin da subito… il resto è storia- la nostra -, e non c’è bisogno di scriverla qui, almeno non ora.
Però quell’amore mi mise addosso ancora più responsabilità, più maturità…
e la scrittura, la mia, rimaneva in un angolo, vigilie ma un po’ assopita, come rapita da altro, ammaliata dentro quei lunghi giorni pieni di amore presente
Facendo un salto lungo qualche anno, torniamo all’inizio di questo racconto emotivo, quando finalmente a ventitré anni ho ripescato la me bambina e ho capito che era il momento di scrivere nuovamente, lontana dai sogni e più vicina al mio reale talento.
Ho fatto una cosa che non avevo mai fatto prima: ho partecipato ad un concorso letterario.
È successa una cosa che non mi sarei mai aspettata: ho vinto.
E ho vinto con un racconto a cui io tenevo molto, scritto a diciannove anni, appena prima di lasciarmi alle spalle il mio lato più fanciullesco.
Il racconto fa parte della nostra tradizione e credo, come testimonia Racconti Nella Rete, che avrà sempre la sua dimensione in cui esprimersi È una rete di racconti ma anche di persone
“Il piacere della condivisione” con cui io ho esordito come scrittrice sul web e, subito dopo, sulla carta, è un racconto emotivo ed intimo che ha avviato l’entrata della me scrittrice dentro questa professione, precaria e in perenne equilibrio tra il non farcela e il voler mollare, il non poter vivere senza e forse farcela davvero.
Il concorso si chiama “Racconti Nella Rete” e rappresenta per me non solo il mio racconto emotivo, ma anche il volto variegato di mille facce e persone che, grazie a questa esperienza e vincita, ho incontrato e ancora incontro, e che mi ha portata anche a poter assaporare la bellezza e la consapevolezza di scrivere per facciunsalto.
La prima persona conosciuta nell’ambito di questo concorso è sicuramente l’ideatore del premio, il giornalista e sociologo, Demetrio Brandi.
Insieme abbiamo parlato del concorso ma anche dell’importanza del racconto in Italia, in un’intervista che è soprattutto una chiacchierata.
“Racconti Nella Rete” nasce dall’associazione culturale LuccAutori. Come hai intuito che il racconto del futuro è nella rete?
Ho lanciato Racconti Nella Rete nel 2001 per autori esordienti che potevano pubblicare, condividere e commentare i loro testi sul web, avendo così una grande visibilità per chi ama cimentarsi nel racconto.
Il racconto come forma letteraria in Italia ha avuto un arresto, crescendo invece in altri stati. A tuo avviso il racconto è un genere da preservare?
Quanto è importante per gli esordienti avere un luogo di confronto?
Tutti i racconti dimostrano che anche in questo nostro mondo, superficiale e frenetico, il misterioso fascino della parola scritta resta inalterato nel tempo. Si è spinti dal piacere di sentirsi a tutti gli effetti scrittori e dal bisogno di essere letti e commentati.
L’antologia del premio è edita dalla casa editrice Nottetempo, nata dall’unione di Ginevra Bompiani e Roberta Einaudi. La casa editrice conta molto per avere successo con la pubblicazione?
Penso siano due cose che vadano di pari passo, tanto è buona un’opera tanto lo deve essere la casa editrice.
Inizialmente avevamo un partner d’eccezione come la Newton Compton, poi è arrivata Nottetempo che è stata una grande salto di qualità, garantendoci la presenza nelle più importanti fiere dell’editoria.
Una dilemma ormai storico: auto pubblicazione sì o no?
E’ sempre più difficile arrivare alla pubblicazione. Però ci sono dei giovani editori che cominciano a dare spazio a chi se lo merita. Cerchiamo di essere ottimisti e difendiamo i nostri libri di carta.
In Italia chi vuole pubblicare racconti è molto discriminato nel campo dell’editoria.
Uno scrittore può essere considerato tale solo attraverso il romanzo?
Scrivere racconti è una bella palestra per chi si cimenta nella scrittura creativa.
E poi dai racconti brevi possono venire fuori i romanzi di domani. Nessuno dei due esclude l’altro a priori.
Con il concorso sei riuscito a lanciare qualche talento?
Alcuni scrittori hanno pubblicato dopo il concorso con la stessa Nottempo o anche con Mondadori.
Per altri la scrittura rimane una passione, per chi invece vuole che sia una professione, il concorso è un buon trampolino di lancio.
Per finire, i rapporti umani. Quanto contano?
Devo dire che questo premio l’ho ideato per dare una vetrina agli scrittori emergenti ed ogni anno la più grande emozione la vivo incontrandoli per la prima volta a Lucca. E’ sempre una grande soddisfazione per me e che credo anche per loro.
Ringrazio Demetrio per la disponibilità e ricordo che chiunque abbia voglia di inviare o scrivere un racconto, il bando di “Racconti Nella Rete” è online fino al 31 maggio 2017 sul sito www.raccontinellarete.it, con la sezione racconti, le favole per bambini e i cortometraggi. Il tema è libero ed è prevista una quota di partecipazione. La partecipazione è rivolta tutti.
Concludo dicendo che in questa rete da qualche anno ci sono anche io, vive in me un’emozione così forte da spingermi verso un grazie altrettanto romantico a tutte le persone che hanno fatto e fanno parte tutt’ora dei pezzi della mia vita, in cui Marta persona e Marta scrittrice viaggiano di pari passo una accanto all’altra, sempre sostenute da questa rete di racconto emotivo.