Un momento per guardarsi dentro
Quando mi è stata data per la prima volta l’opportunità di scrivere una rubrica tutta mia, dentro di me sono passata dallo stupore alla gioia per poi fiondarmi dritta dritta nel dubbio e nella paura.
Per qualche giorno buono sono stata nel limbo di indecisione sul titolo, su come esattamente si dovesse chiamare questo angolo di me e poi di noi, proprio io che per un’idea parto sempre dal titolo, non avevo idea di cosa potesse rappresentare a pieno tutto ciò che nel mio mondo è continuo e ciclico.
La mia mente si è messa a scartabellare tra idee, pensieri e riflessioni, arrivando alla conclusione che amo troppe cose della vita per parlarne di una sola; nasce così “Appuntamenti quotidiani”, uno spazio in cui posso raggruppare ogni cosa, oggetto o persona che può essere per me, come per tutti noi, un appuntamento dentro la nostra vita quotidiana. Appuntamento con un luogo, con un cibo, un libro o un film, con un amico o persino con uno sconosciuto, tutto ciò che succede quando l’Io rompe lo strato di sé per aprirsi verso l’esterno, e quindi nella direzione degli altri. Ma prima di farlo, noi tutti non abbiamo un appuntamento quotidiano di un momento per guardarci dentro?
Sapete, quei piccoli, preziosi e sempre troppo spesso in bilico momenti in cui noi vogliamo percepirci più di ogni altra cosa… Quel momento esatto in cui la nostra voce non è in sottofondo, in cui il nostro volto non è solo una cornice fra tante nel mondo e le nostre mani non sono semplici strumenti di lavoro o di comunicazione.
Può capitare al mattino davanti allo specchio quando nel lavarsi i denti si schizza l’acqua sul vetro, e noi pieni di sonno non siamo ancora pronti per darci agli altri, e può capitare quando in mezzo agli altri ci siamo già da ore e il rumore delle voci è solo un brusio fastidioso e per un attimo, un attimo soltanto ci chiediamo:
”Cosa ci faccio qui?”
Capita quando si corre o si scappa via da qualcosa, quando il cuore batte e pompa più sangue più velocemente e ci spingiamo a toglierci fiato solo per sorprenderci di quanto ancora ne abbiamo.
Piccoli, preziosi e sempre troppo spesso in bilico momenti in cui noi vogliamo percepirci più di ogni altra cosa
Accade alla fermata nel bus, in mezzo al fumo di scarico delle macchine, quando ci passano addosso milioni di persone e vorremmo sapere la loro storia e la nostra celarla di censura estrema, per sempre.
Come se per capirci non siamo ancora pronti a capire gli altri.
Accade quando prendiamo un treno e ne perdiamo un altro, appiccicando biglietti contro scontrini sorretti dalle chiavi di casa.
Capita quando ci innamoriamo e abbiamo paura del buio e ci chiediamo:
”Chi sarò io con questa persona?”
Succede nelle notti insonni di lampade accese e spente sempre con troppa foga, nel letto pieno di sudore o su un divano con i cuscini accartocciati, dove abbiamo appoggiato guance e rabbia, capita proprio lì in quella solitudine di lasciarsi andare in preda alla tensione, quando noi non sappiamo darci un nome.
Capita quando siamo felici, estremi di gioia e ci chiediamo:
”Quanto durerà?”
Oppure non ce lo chiediamo affatto, proprio in quegli istanti ci sembra che l’eternità esista, anche qui su questa terra.
Ci spingiamo a toglierci fiato solo per sorprenderci di quanto ancora ne abbiamo
Capita quando saliamo in macchina e un pirla qualsiasi ci sfreccia davanti, ci fa sbandare, diventiamo bianchi e di ghiaccio con il terrore di poter essere anche noi titoli appesi ad un giornale.
Capita quando viene fatto saltare in aria un aereo, un albergo, una scuola e ci chiediamo:
“Cos’è il senso di questo?”
Accade quando dobbiamo scegliere: sì, no e poi non lo so. Anche non lo so è un’opzione, persino quando ci guardiamo dentro abbiamo paura di sbagliare, siamo perseguitati da questa opzione, da questo tremendo, naturale e conservativo sbagliare.
Anche io ho avuto paura di sbagliare quando mi è stata proposta questa rubrica.
Mi è stato detto:
“Sei sicura?”
“In questo periodo non hai tempo, come farai?”
“Non hai mai scritto per un editoriale, chi ti dice che sei in grado?”
Così mi sono presa un momento per guardarmi dentro, e ho pensato:
”Cosa ci faccio qui?”
”Chi sarò io con queste persone?”
”Quanto durerà?”
“Cos’è il senso di questo?”
Mi sono presa un momento per guardarmi dentro, e ho risposto:
Sono qui perché scrivo e con queste persone, cioè voi, vorrei davvero poter essere me stessa e no, non so quanto durerà, potrebbe finire ancora prima di iniziare, ma il senso di questo pezzo e di questo inizio sta nel fatto che in piena moda di consigli su ricette, trucco e parrucco o su come fare un mobile con due lattine e un palloncino, nessuno di noi è ancora dotato di un libretto d’istruzioni sulla vita, il mio desiderio è quello di avere questi appuntamenti quotidiani con voi per districarci insieme nelle grandi e piccole disavventure delle giornate e tradurre insieme i pensieri in riflessioni in cui fare un salto dentro e fuori di noi.
Perciò prendetevi un momento per guardarvi dentro e poi fate un salto nella mia rubrica, per iniziare insieme il nostro intimo appuntamento di considerazioni, completamente sprovvisti di istruzioni d’uso.
Timidamente vostra,
Marta