Bollino nero (calendario infame)
E l’aveva detto il prete la sera del 24 dicembre. Avevo qualche bicchiere conficcato nell’aorta, ma lo ricordo benissimo come spiegò a tutti gli astanti che lo spirito del Natale debba essere portato con sé nei giorni a venire, oltre le festività and far away. Anche nell’anno che verrà. Soprattutto nell’anno che verrà. Io ci ho creduto e i bicchieri che sguazzavano nei vasi sanguigni mi facevano assai coraggio e mi dicevano si, quest’anno ce la farai, quest’anno non parti con il piede slogato, quest’anno il calendario non ti fotte. E i pastorelli quanto erano belli in quella chiesa di montagna. E il bambinello. Il bambinello sempre sia lodato. Luci, cori, Chanel misto a incenso, tacchi. Qualcuno russava. Il bue, forse.
E invece non ci sono riuscito.
Ho guardato il calendario del 2017 già il 27 dicembre, l’ho guardato e mi sono visto il primo ostacolo lì a pochi passi e non si offendano i santissimi Basilio e soprattutto Gregorio, di cui sempre siano ricordati i celestiali cori, se in quel primo lunedì dell’anno ho disegnato un bel cazzo da muro di fianco al numero 2.
Il 2 gennaio è la prima giornata da bollino nero del calendario. Non può che essere una giornata di merda, diciamocelo. Dicembre è sempre un mese positivo per me. A dicembre posso rimandare a gennaio, che tanto c’è Natale di mezzo e le aziende chiudono, le donne ingrassano, le madri intingolano, i capi imboniscono. Non c’è niente di più bello di un mese in cui nessuno ti richiama alle tue responsabilità. Poi arriva il fottutissimo gennaio. Passi pure il primo dell’anno, che tanto si è rintronati e il mondo è disposto ad aspettare, ma il 2 no. I tuoi progetti? Le
A dicembre posso rimandare a gennaio. Non c’è niente di più bello di un mese in cui nessuno ti richiama alle tue responsabilità
E il prete pontificava con la vestaglia sfolgorante, il bambinello luccicava lustrato da mani lucide di nonne pensionate mentre le mamme sfoggiavano orecchini scintillanti e le figlie lampeggiavano anch’esse con i loro occhioni grandi e furbi e tutto era così verosimile, ma di quello spirito nel nuovo anno non è trapelato nulla.
Altro bollino nero è pasquetta o lunedì dell’angelo che dir si voglia. A pasquetta ho fatto di tutto fuorché divertirmi. A pasquetta piove sempre, i tuoi amici comunque vogliono fare la grigliata e tu li mandi in culo e vai con gente ragionevole che ti dice si, è meglio il ristorante. Vieni con noi. Solo che noi siamo settordici coppie giovani, anche più giovani di te se ti può interessare. Dimenticavo, lui non lo conosci, si chiama Aurelio ed è strategy planner fucker (junior, però) per una joint division venture e quel tronco di figa è sua moglie che suona il violino e aspetta pure un bel bambino che chiameranno Tonino e farà un master a Dublino e si prenderà un sacco di risk. Ma comunque vincerà.
E via così con ferragosto, halloween (halloween cazzo, halloween!) ed altri splendide giornate in cui so già che il connubio tra ansie da prestazione, insoddisfazione e noia gratterà la campata del ponte.
Poi il livello scenderà e le acque torneranno a scorrere scintillanti e melmose.
Nel frattempo chi ne ha fatto le spese è il calendario.
I calendari si prendono una responsabilità immane. Ma chi glielo fa fare?
Ricordo un anno, ad esempio, in cui già a ottobre guardavo il calendario con due quinti di sorriso e una mano nella tasca dei pantaloni. Si udiva un rumore metallico, scintillante, come di una rotella che sfrega su una pietrina. E odore di gas, pure.
Ma questa è un’altra storia.
Buon anno.