L’invasione della carta regalo
Sono in procinto di traslocare, quindi capita di mettere mano alle mie cose. Niente di serio, giusto il tempo di soppesarle, passarmi l’indice sulla cicatrice tangente il sopracciglio sinistro e rimetterle al loro posto. Ci penserò domani. Io ci penso sempre domani. Sono allergico ai proverbi, li considero tormentoni d’antan. Domani, lo farò domani, non mi rompere i coglioni, grillo di merda.
Poi però mi capita tra le mani una carta regalo. Una cosa di qualche mese fa. È celeste, tinta unita, bella e spiegazzata alla cazzo. Fasciava un libro, se non ricordo male. La superficie liscia mi rende la fragranza di chi me l’ha donata. È odore vivido, intenso, decisamente personale.
Io conservo tutto e male. Ricordi, odori, oggetti, persone. Cicatrici, anche. Non archivio, butto là. Lascio che siano loro ad affiorare alla bisogna.
Carta regalo. Non so mai dove buttarla e alla fine non la butto mai. La nascondo sotto i sedili dell’auto o la infilo tra le pagine dell’enciclopedia, come facevo con i giornaletti porno. Mi dispiace gettarla, è parte del regalo, o almeno voglio sperare che lo sia, voglio credere che chi ha scelto il contenuto si sia soffermato anche sulla carta,
La nascondo sotto i sedili dell’auto o la infilo tra le pagine dell’enciclopedia, come facevo con i giornaletti porno. Mi dispiace gettarla, è parte del regalo
Non è per nulla scontato. A Natale, ad esempio, nessuno fa caso alla carta regalo. A Natale c’è fretta, le commesse sono algide, i bambini viziati, le mamme scodinzolanti, le casse fumanti, le monete sonanti. E le carte regalo stanno appese a rotolo manco fossero carta igienica. Che poi la carta igienica costa di più e non c’ha manco i babbi natali da imbrattare. A Natale la carta regalo perde anche quel poco di importanza che la gente altrimenti le concede. A meno che non si vada in quei negozi particolari, con atmosfere particolari, essenze particolari e commesse particolari, dove l’incartamento richiede tempi altissimi e la produzione è davvero notevole, ma sono perle ai porci, perché la confezione è vista da gran parte degli acquirenti come un inutile fastidio e molti guardano e fremono perché gli altri negozi poi chiudono e quei fiocchetti lillà da checca mi piacerebbe sapere quanto cazzo me li farai pagare.
A Natale faccio fatica pure io a conservare la carta regalo. Mi piace il Natale, ma di babbi e renne dopo un po’ ne ho piene le palle. E la neve poi chi l’ha mai vista a Natale? Quel tipo di neve, per lo meno.
Mia nonna no. Lei avrebbe conservato pure la carta regalo natalizia. Mia nonna conservava tutto. Non fosse nata poverissima la si sarebbe potuta considerare compulsiva. Ma non lo era. Solamente aveva avuto il primo paio di scarpe a dieci anni, il secondo a diciotto. E aveva la terza elementare. E aveva sposato mio nonno che dopo la terza elementare era stato impiegato a spalare la cacca di mucca nelle strade del paese in cambio di non so quale obolo. Io la sfottevo su tutto: le scarpe, il pessimo italiano, la cacca di mucca. La sfottevo perché non è vero che i bambini sono innocenti e puri, sono dei grandissimi stronzi e basta.
E quindi a breve sarò in una casa nuova e porterò con me un sacco di carta regalo sgualcita e spiegazzata con tante renne invasate alla mercé di babbi natali imbastiti di neve. La infilerò qua e là in anfratti ancora tutti da scoprire e quando una di queste mi capiterà alla mano la accarezzerò nella speranza di avere in cambio qualcosa di chi me l’ha donata.
Sempre che mi sarò deciso a fare i cartoni.
Perché domani è quasi Natale e la tentazione di rimandare tutto al 27 è assai forte.
Buon Natale e felici carte da regalo.